Covid, la seconda ondata potrebbe finire in primavera. Lo rivela uno studio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Novembre 2020 - 20:59 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, l'Iss: se non ci sono sintomi, tamponi solo a contatti stretti

Coronavirus, l’Iss: se non ci sono sintomi, tamponi solo a contatti stretti (foto Ansa)

La seconda ondata potrebbe concludersi nella prossima primavera, tra marzo e aprile. E’ quanto emerge da uno studio.

La seconda ondata di contagi da Covid potrebbe concludersi, diminuendo significativamente di numero, a marzo o aprile dell’anno prossimo.

E’ quanto emerge da uno studio, presentato durante la conferenza stampa virtuale The Pandemic Playbook da Francesco Sannino, membro della Royal Danish Academy of Science, della Finnish Academy of Science e professore all’Università Federico II di Napoli.

I numeri della pandemia

I numeri che emergono da queste analisi non sono affatto incoraggianti.

“In Spagna si prevede che arrivi a toccare due milioni di persone, mentre in Francia la stima si aggira intorno ai sette-otto milioni.

Per il momento non abbiamo ancora stime per l’Italia. In questa fase l’epidemia sta crescendo rapidamente e non ci sono dati sufficienti per avere proiezioni attendibili”.

Lo scienziato, però, crede che per il nostro Paese possano valere le stime della Francia. 

Altro fattore importante è la diffusione di un vaccino che potrebbe ridurre il numero di infezioni e la violenza della curva.

Il fattore “mobilità”

L’esperto spiega poi che i dati sulla mobilità sono stati ottenuti grazie a Google e Apple.

Dati forniti in modo anonimo le informazioni relative agli spostamenti delle persone e le richieste di indicazioni.

“Abbiamo usato questi quattro set di misurazioni indipendenti per stabilire l’impatto della mobilità nella curva dei contagi e indagare come e quanto il distanziamento sociale influenzasse la diffusione dell’infezione a livello regionale”.

Per quanto riguarda l’Europa, i Paesi in cui è stato svolto maggiormente il lavoro da casa e in cui gli spostamenti sono stati più radi.

Negli Usa è emersa una correlazione tra l’orientamento politico dello stato e la tendenza a spostarsi per lavoro e ai tassi più elevati di mobilità.

“La riduzione della mobilità sembra associata ad un calo del 25-45 per cento nei contagi in Europa e del 20-60 per cento in America.

Questo significa che gli sforzi per arginare il contagio devono tenere conto dell’importanza di mantenere il distanziamento sociale e di evitare il passaggio di frontiera”.

Le caratteristiche del virus

Sulle caratteristiche del virus e la possibilità che diventi endemico, Sannino afferma che uno dei problemi è l’elevato numero di casi positivi e asintomatici.

“In generale quando un agente patogeno è altamente mortale è più facile gestire e contenere l’infezione.

Un virus che ha modo di infettare un numero molto più elevato di persone prima del decesso dell’individuo, rappresenta una minaccia più subdola”.

“Le pandemie rappresentano una grave minaccia per l’umanità comprendere le dinamiche di diffusione rappresenta un passaggio fondamentale per contrastarle e una funzione eRG può rivelarsi utile per analizzare i dati e descrivere i modelli epidemiologici, ma soprattutto per effettuare previsioni sull’andamento dei contagi in futuro”. 

Seconda ondata Covid, lo studio

Il gruppo di lavoro guidato da Francesco Sannino aveva già elaborato un modello che aveva indicato proprio il periodo a cavallo tra ottobre novembre come quello in cui la seconda ondata sarebbe esplosa in Italia.

Ora il team ha elaborato una serie di equazioni matematiche e statistiche per rappresentare l’andamento della prima ondata e prevedere la curva che caratterizzerà la seconda, prendendo in considerazione stati e regioni americani ed europei.

La Renormalization Group epidemica (eRG), un nuovo approccio matematico, rappresenta il modo migliore, secondo il gruppo di ricerca, per leggere i dati e notare le simmetrie temporali dei dati.

“Le nostre stime – dice – si sono dimostrate notevolmente affidabili per rappresentare la curva dei contagi nel corso del tempo, per cui speravamo che le decisioni governative si basassero maggiormente sui dati ottenuti e sulle previsioni che abbiamo fornito, ma non è stato così”.

Il ricercatore aggiunge che il lavoro rappresenta uno strumento per descrivere i dati e prevedere i picchi e i momenti salienti della curva.

“Nella nostra analisi abbiamo cercato di comprendere il modo in cui avviene l’interazione tra i vari Paesi, con lo scambio di viaggiatori che diffondono l’infezione.

Abbiamo notato che la fine della prima ondata è avvenuta nella maggior parte dei Paesi analizzati a circa 14-17 settimane dai primi casi registrati.

Quello che emerge ora è che siamo solo all’inizio della seconda ondata Covid, e, in base all’efficacia e all’efficienza delle misure che stiamo adottando, le previsioni indicano che dovremo attendere marzo o aprile 2021 per la fine”. (fonte AGI)