Fini e Montecarlo: non c’è reato ma resta il cognato

Pubblicato il 27 Ottobre 2010 - 16:35 OLTRE 6 MESI FA

Giancarlo Tulliani

Non c’è il reato, ma resta il cognato. Della casa a Montecarlo che fu di An e ora è di una società off-shore che non si può sapere di chi è sappiamo che valeva 270mila euro quando il partito la ebbe in donazione da una militante “per la causa”. Sappiamo che nove anni dopo fu venduta a 300mila euro. Sappiamo che al momento della vendita valeva in astratto 900mila euro cui va detratto il demoltiplicatore delle pessime condizioni in cui era l’appartamento. Una “tara” che oscilla tra 200 e 300mila euro. Quindi quella casa valeva al momento della vendita circa 600mila euro. Tutto questo lo sappiamo dalle carte, dai contratti di vendita, dalle stime delle società immobiliari. Dalle indagini svolte dalla Procura di Roma e dalla richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero sappiamo che non c’è reato, che vendere sotto costo un bene privato non configura truffa. Dunque, non c’è reato.

Ma resta il cognato. Il cognato di Fini, ex segretario di An, che in quella casa abita. Circostanza che Fini ha più volte detto di aver appreso con “stupore”. Dunque non lo sapeva che a Montecarlo ci abitava Tulliani il giovane. E lo stesso Fini ha detto di non sapere di chi sia in realtà la proprietà di quella casa, ha detto che Giancarlo Tulliani nega sia la sua ma che lui, Fini, non può metterci la mano sul fuoco. Al punto di aver detto che se Tulliani risultasse il proprietario lui, Fini, si dimetterebbe non per colpa o dolo ma per etica della responsabilità. Resta il cognato, dentro quella casa. Sembrava si fosse deciso a mollare. Non lo ha fatto. Resta il cognato a Montecarlo e resta che non si sa come ci sia arrivato, come sia arrivato ad ottenere proprio quell’indirizzo in affitto. Il reato se n’è andato, il cognato no. Non c’è più materia, se mai c’è stata, per la giustizia penale. Ma quel cognato resta e pesa sulla bilancia del buon costume pubblico. E fa pendere il piatto della bilancia oltre la linea dell’imbarazzo, fino al limite della maleducazione e sconvenienza civile. E anche oltre.