“Aboliamo gli insegnanti di sostegno” Firmato Gelmini? No, Caritas

di Riccardo Galli
Pubblicato il 14 Giugno 2011 - 16:14 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Gli insegnanti di sostegno sono mal organizzati e mal preparati. Si potrebbe scegliere di farne a meno. Apriti cielo. Già staranno montando le critiche da parte delle associazioni di categoria e si starà diffondendo il panico tra le famiglie dei ragazzi disabili. Ma questa non è una provocazione e nemmeno il tentativo di emarginare i diversamente abili. Non è una proposta di tagli firmata Gelmini Mariastella.  E’, al contrario, una proposta sensata e circostanziata fatta dalla Fondazione Giovanni Agnelli, dalla Caritas e l’Associazione Treellle che verrà presentata a un gruppo di parlamentari insieme con una proposta che vuole rivoluzionare il settore: la creazione dei Cri, Centri Risorse per l’Integrazione, destinati a diventare uno sportello unico per tutte le questioni relative ai giovani e bambini disabili. L’idea non è di abolire gli insegnanti di sostegno, ma di migliorarli.

«L’inclusione italiana è stata una scelta di civiltà che il mondo ha poi imitato – sottolinea Attilio Oliva, presidente dell’Associazione Treellle – ora che sono passati trent’anni ci siamo chiesti: la pratica è stata coerente con i principi? E con quale rapporto tra costi e benefici?». La risposta è contenuta in un rapporto di 237 pagine, il bilancio di questi tre decenni di disabili nelle scuole. E non è una risposta positiva. «Deve però essere chiaro – precisa Oliva – che non siamo a favore di tagli alle risorse previste. Vogliamo che la scuola sia di tutti, ma chiediamo una loro diversa distribuzione per evitare inefficienze e problemi che troppo spesso si verificano». E ha ragione Oliva, chiunque abbia frequentato la scuola sa che, ad esempio, gli insegnanti di sostegno sono, nel maggior parte dei casi, splendide persone ma, sempre nella maggior parte dei casi, sono privi di un’adeguata preparazione per svolgere il loro delicato compito.

Nel rapporto vengono elencati alcuni «punti critici» dell’attuale sistema. In primis l’approccio «troppo medico», come spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. «Le richieste di un insegnante di sostegno vengono esaminate dalle Asl e non dalle scuole». Ma anche troppo «discrezionale» e rigido: «La certificazione si risolve sempre nell’assegnazione di ore di un insegnante di sostegno», è scritto nel rapporto. Anche quando non sarebbe necessario. Risultato? «Insegnanti di matematica che devono occuparsi di bambini dislessici e con difficoltà di apprendimento. Non è la scelta più giusta, né la più economicamente efficiente», spiega Oliva.

Quanto agli insegnanti di sostegno il bilancio non è molto più confortante, anzi: «Usano il posto come un canale privilegiato per entrare più rapidamente in ruolo», dice Gavosto. E la preparazione non può essere quindi di grande qualità. «C’è una cronica carenza di insegnanti di sostegno specializzati», si legge nel rapporto. «Il 43% degli allievi con disabilità nella primaria e secondaria di primo grado – spiega Gavosto – cambia insegnante di sostegno una o più volte all’anno». E «il sostegno è svolto spesso da personale inesperto e impreparato», conclude il rapporto. La conseguenza è che gli alunni finiscono per avere una formazione del tutto inadeguata: «l’Italia è il Paese dove i disabili hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro, nonostante gli obblighi previsti per legge», afferma Gavosto.

La soluzione proposta è la creazione dei Cri a livello provinciale o subprovinciale. Saranno loro, i Centri Risorse per l’Integrazione, a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare tutte le risorse destinate alle scuole per l’integrazione e a svolgere un servizio di sportello unico assistendo le famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. «Potrebbero diventare centri destinati a risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, anche al di fuori del tempo scolastico», afferma Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana. Gradualmente poi gli insegnanti di sostegno dovranno passare all’organico normale delle scuole ed essere assegnati da parte dei Cri in base ai bisogni delle scuole stesse. Alla fine rimarrebbe un congruo numero di insegnanti e personale ad alta specializzazione, di numero decisamente inferiore a quello attuale, stabili nel loro ruolo, a tempo pieno, senza insegnare ma operando nei Cri per svolgere consulenza tecnica e formazione per le scuole.

L’idea non è peregrina e la fonte è autorevole e preparata in materia, ha tutte le carte in regola quindi per essere bocciata. Sacrificata sull’altare degli interessi di parte e affossata dalla demagogia di” non si toccano i disabili”.