Le Dolomiti, patrimonio dell’Unesco, costano anche meno di un’auto: 11 mila euro per 4 cime

Pubblicato il 3 Agosto 2010 - 13:20 OLTRE 6 MESI FA

Patrimoni dell’Unesco ma a prezzi stracciati. Le Dolomiti, le montagne di Cortina, tra le vette più famose dell’orizzonte alpino, valgono anche meno di un posto macchina. A Cortina c’è infatti il mattone più caro d’Italia, con prezzi delle case da capogiro, oggi realisticamente tra i 17 e i 23 mila euro al metro quadrato, ma la roccia è in liquidazione.

Ecco allora che tra i beni demaniali che lo Stato intende dismettere per trasferirli agli enti locali a cominciare dai Comuni, come riporta il Corriere della Sera, il più caro, si fa per dire, è il monte Cristallo, valutato 259 mila euro, ma Tofane e Rocchette assieme già scendono a 175 mila e il Faloria con il Sorapiss a 22 mila. La Croda del Becco, il Col Rosà, il Lavinores e la Croda d’Antruiles, un quartetto nel Parco d’Ampezzo, valgono insieme 11.929 euro, più o meno il prezzo di un’utilitaria. Fatti i conti un appartamento di 100 metri quadrati a Cortina, se ti va molto bene, lo paghi un milione e 700 mila euro.

«Ci interessa solo che ritornino ai legittimi proprietari – dice al Corriere Andrea Franceschi, sindaco di Cortina – Noi le montagne non dobbiamo pagarle, ci verranno attribuite a titolo gratuito e di certo, una volta nostre, non le venderemo, dal punto di vista morale le sentiamo già nostre: che valgano un euro o 100 milioni è la stessa cosa. Credo che Cortina abbia dimostrato di saper tutelare il proprio territorio. Probabilmente sono finite nel calderone di altri beni di proprietà demaniali, come caserme, stazioni, immobili dismessi».

«La cosa mi colpisce profondamente – ribatte Ernesto Majoni, direttore dell’Istituto culturale ladino delle Dolomiti – capisco che il demanio abbia i suoi metodi per calcolare i valori, ma la cosa ha del grottesco. Questi monti sono patrimonio dell’Unesco, i valori delle nostre montagne non sono misurabili in termini di ambiente, storia, patrimonio culturale, fruibilità turistica. Mettere in mano ai Comuni la possibilità di disporre di questi beni mi preoccupa. Se qualche Comune ha bisogno di far cassa utilizzandoli, magari troverebbe anche chi li compra. Mi auguro che la vigilanza sia attenta».