Malati di fibrosi cistica, fecondazione negata. La Corte europea accoglie il ricorso

Pubblicato il 28 Giugno 2011 - 11:03 OLTRE 6 MESI FA

STRASBURGO – Sono malati di fibrosi cistica, ma non sono sterili. Eppure la fecondazione assistita a loro è stata negata, così se ne occuperà la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sulla base del ricorso che hanno presentato contro la legge 40 del 2004.

Rosetta Costa e Walter Pavan, questi i nomi dei due ricorrenti, sono entrambi affetti da fibrosi cistica, una malattia genetica che si trasmette in un caso su quattro al nascituro e vorrebbero quindi poter ricorrere alla fertilizzazione in vitro per poter fare uno screening embrionale.

Ma attualmente la legge 40 non gli consente di ricorrere alla fertilizzazione in vitro, pratica ‘riservata’ solo alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmettibile, come per esempio l’aids. La coppia si è quindi rivolta a Strasburgo sostenendo che, in base alla sua attuale formulazione, la legge 40 viola il loro diritto alla vita privata e familiare e quello a non essere discriminati rispetto ad altre coppie, diritti sanciti dagli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Nel comunicato con cui ha reso noto di aver accolto il ricorso della coppia italiana, la Corte sottolinea come coppie nella stessa situazione possano già ricorrere alla fertilizzazione in vitro (e quindi allo screening embrionale) in 15 Paesi europei: Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Ma per il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ”non ha ‘accolto’, bensi’, al momento solo accettato di valutare” il ricorso. Ad ogni modo, sottolinea il sottosegretario, ”penso che sia difficile che tale ricorso possa essere accettato dalla Corte dal momento che non sono stati effettuati, a quanto ci risulta, tutti i gradi di giudizio nel paese d’origine, ovvero in Italia”.

In ogni caso Roccella ribadisce il no alla selezione genetica degli embrioni che “è espressamente vietata dalla legge stessa”. Quanto sarà deciso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sulla legge 40 avrà effetti “vincolanti” per l’Italia che dovrà rispettarne le indicazioni così come previsto dopo la conferenza di Interlaken ma la decisione avrà anche effetti “generali” perché non riguarderà solo la coppia che ha fatto ricorso ma tutti per effetto dei cambiamenti che potrebbe subire la legge, secondo il parere del senatore Pd Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. La Corte di Strasburgo dovrà ora decidere quindi se le norme della legge 40 non riconoscono le stesse possibilità di accesso alle cura per tutti. “Se sarà così – ha concluso Marino – l’Italia dovrà cambiare la legge”.