Omicidio Melania Rea, una soldatessa: “Ero l’amante di Salvatore. Lui la voleva lasciare e lei lo sapeva”

Pubblicato il 8 Maggio 2011 - 09:32 OLTRE 6 MESI FA

Melania Rea (foto LaPresse)

ASCOLI PICENO – Nuovi sviluppi del caso dell’omicidio di Melania Rea, ritrovata sul Colle San Marco il 18 aprile straziata di coltellate. Gli inquirenti hanno ascoltato una delle due soldatesse che avrebbero avuto una storia con il marito di Melania, il caporal maggiore Salvatore Parolisi. Si tratta della seconda ragazza sentita, ex volontaria del 235° Reggimento (Rav) di Ascoli, fino a tre mesi fa in servizio a Roma e ora a Lecce, che avrebbe ammesso: “Io e Salvatore eravamo amanti da due anni: la nostra relazione non è mai stata interrotta. Ci siamo sentiti al telefono anche la sera precedente alla sparizione di Melania. Melania sapeva della nostra storia e lui la voleva lasciare. Lei sapeva che non era una semplice avventura: per due volte ha cercato per convincermi che nel cuore del marito c’era posto solo per lei”.

Poi il racconto della passione tra i due continua: “Di me però era innamorato, continuava a ripetermi che avrebbe lasciato la moglie. Me lo ha promesso anche dopo che è nata la bambina”. I due amanti si incontrano molto spesso, “in hotel o piccole pensioni nelle Marche o nel Lazio”. Una passione clandestina che si alimenta sempre di più. “Solo da quando sono a Lecce abbiamo smesso di vederci, l’ultima volta che siamo stati insieme risale allo scorso gennaio. Melania era diventata molto sospettosa e gli teneva gli occhi addosso. In due occasioni, poi, si era spinta ad affrontare direttamente me”.

Arma del delitto. Interrogatorio importante quello della soldatessa, soprattutto se si pensa che l’arma con cui è stata uccisa Melania potrebbe essere un coltellino, tipo quelli che le volontarie del Rav regalano agli istruttori a fine corso, talvolta con una dedica incisa sulla lama. La soldatessa interrogata però giura: “Io non gli ho mai donato un coltello”.

I punti che non quadrano agli inquirenti. Anche alla luce di questa nuova deposizione, sarà sentito a ore, forse oggi stesso, Salvatore Parolisi. Sono diversi i punti che non quadrano alla procura di Ascoli Piceno. In primis lo scenario della scomparsa di Melania. L’unico che la colloca in maniera certa accanto alle altalene sul pianoro, insieme alla figlioletta, è proprio il caporal maggiore. Alfredo Ranelli, titolare del chiosco vicino, ha confermato anche ieri di aver visto una donna che non è in grado di riconoscere, a una distanza di qualche decina di metri, e in un orario posteriore a quello dell’allontanamento. Melania se ne va, a cercare un bagno pulito. Il marito le chiede di portargli un caffè, ma addosso a lei non sono stati trovati soldi. Il tragitto del presunto rapimento è lungo 2-300 metri, ma nessuno sente la donna gridare. C’era davvero, Melania, sul pianoro?

Alle ricerche partecipa l’agente di polizia penitenziaria Raffaele Paciolla, amico di Salvatore. Lui, interrogato, ha un alibi di ferro. La moglie si preoccupa di accudire la bambina. Entrambi notano, nel portabagagli dell’auto di Parolisi, una borsa con gli indumenti della piccola. L’istruttore dice di non sapere nulla di quella borsa, che però verrà trovata nella sua abitazione di Folignano. Se Melania era morta, chi ce l’ha portata? E ha trasportato qualcos’altro, oltre alla biancheria della bambina?

Poi l’anomalia più singolare. L’omicidio vicino al casotto del bosco delle Casermette (il medico legale ha ribadito agli investigatori che la donna sarebbe stata uccisa proprio lì) dove Salvatore e Melania due settimane prima avevano fatto l’amore. Lo racconta ancora Parolisi, a Paciolla, che lo dice ai carabinieri. Proprio in coincidenza del 18 aprile era in corso un’esercitazione militare nel vicino campo di tiro, una sentinella controllava la strada che lambisce la radura e non ha notato movimenti di auto sospette.