Milano: mancano le guardie, i detenuti restano in cella e salta l’udienza

Pubblicato il 24 Maggio 2010 - 18:36 OLTRE 6 MESI FA

carcereMancano gli agenti penitenziari e salta l’udienza di un processo alla ‘Ndrangheta. E’ successo il 21 maggio a Milano, dove la “penuria” di secondini nel carcere di Opera hanno fatto saltare l’udienza perché 14 dei 26 imputati, detenuti nella prigione milanese, non potevano essere trasferiti in tribunale.

Il presidente della seconda Corte d’Appello di Milano, Raffaele Martorelli, non ha potuto tenere l’udienza ed è stato costretto ad avvisare il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e a congedare la schiera di avvocati in parte provenienti dalla Calabria, da Roma e da Bologna. L’episodio ha provocato le lamentele dei legali.

Il pomeriggio del 20 dall’istituto di pena era arrivata una nota in cui si segnalava che, a “a causa delle gravissime difficolta”, non si era in grado di assicurare la “traduzione” degli imputati al palazzo di giustizia.

In aula mancavano solo i detenuti di Opera, mentre quelli rinchiusi in altre carceri della Lombardia erano presenti. Il giudice Martorelli è stato costretto a aggiungere un’udienza in più (fissata per giugno) a quelle già in calendario (la prossima è il 27 maggio) per permettere ad alcuni difensori di tenere la loro arringa. Inoltre il giudice ha trasmesso il verbale di udienza a Roma al Dap per segnalare quanto accaduto.

“È inammissibile – ha protestato l’avvocato Franco Gandolfi – che imputati in attesa dell’arringa dei loro difensori, insieme a giudici, legali e agli altri detenuti e ai loro agenti di scorta, debbano sopportare i disagi di un disservizio censurabile”.

Il processo con 35 imputati riguarda un clan della ‘Ndrangheta che operava in Lombardia, in particolare nel lecchese, e guidato da Emiliano e Giacomo Trovato, rispettivamente figlio e nipote del boss Franco. In primo grado erano state inflitte pene dai 5 ai 22 anni di reclusione.