A Montichiari (Brescia) dove si allevano cani per la vivisezione, stop all’ampliamento ma niente chiusura

Pubblicato il 18 Novembre 2010 - 06:13 OLTRE 6 MESI FA

Green Hill, il mega allevamento-lager di Montichiari, in provincia di Brescia, dove vengono allevati centinaia di cani di razza beagle allo scopo di essere inviati nei laboratori di tutto il Mondo ed essere vivisezionati per esperimenti scientifici di vario tipo, rinuncia al suo piano di ingrandimento.

Non è la tanto attesa notizia della chiusura che in molti, anche al di fuori della provincia, si aspettavano, ma si tratta comunque di una vittoria per gli ambientalisti che lo scorso 6 novembre, dopo mesi di proteste, hanno organizzato una partecipatissima manifestazione per le strade del comune della bassa bresciana.

Green Hill – a dispetto del suo nome che evoca distese bucoliche in cui gli animali possono vivere in tutta tranquillità – è una società controllata dalla multinazionale statunitense specializzata nell’allevamento di beagle e furetti per la sperimentazione scientifica: da Montichiari, ogni mese, partono più di 250 cani destinati ai laboratori di ricerca. E negli ultimi tempi, l’azienda ha registrato anche un incremento delle commesse – e quindi del numero di cani – in seguito alla chiusura di un’altra azienda simile, la Stefano Morini di San Polo d’Enza, che ospitava ugualmente cani beagle destinati all’esportazione verso i laboratori. Di qui il progetto di ampliamento bloccato però dall’alzata di scudi di larga parte della società civile, non solo bresciana.

“All’interno dei cinque capannoni della Green Hill – spiega Stefano, del Coordinamento Fermiamo Green Hill che, insieme a Lav (la Lega anti vivisezione), sta conducendo da mesi la campagna di sensibilizzazione – crediamo ci siano attualmente oltre 2.500 cani adulti, cui si aggiungono le varie cucciolate. Si tratta di un luogo dove gli animali sono rinchiusi senza la possibilità di muoversi, senza luce o aria naturale, dove il sistema di illuminazione e areazione delle piccole gabbie è artificiale. E la situazione peggiora se pensiamo che questo è il luogo che ospita questi animali prima di essere caricati sui furgoni che li spediscono nei laboratori dell’orrore”.

Duemila, ma secondo gli organizzatori almeno tremila, i cittadini scesi nelle strade di Montichiari il 6 novembre per replicare la manifestazione tenutasi a Roma lo scorso 25 settembre (più di 10mila le presenze) e il primo appuntamento in terra monteclarense del 24 aprile. Un corteo che ha confermato l’alta partecipazione dell’opinione pubblica al problema.

Nessuna defezione, fra le associazioni ambientaliste. Unico assente, al limite dell’ostruzionismo, il Comune di Montichiari nonostante tra gli assunti dalla multinazionale non si registrano significative presenze di lavoratori locali.

Successo della manifestazione a parte, rimane infatti aperta la questione che il Sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, ha sollevato alle autorità sanitarie lombarde. Ovvero l’adeguamento di Green Hill alle disposizioni regionali in tema di allevamenti di cani che, qualora applicate, dovrebbero impedire alla multinazionale dei beagle di continuare la sua attività.

“Non potrebbe – si chiedono i rappresentanti della Lav – il Sindaco di Montichiari, Elena Zanola, cercare una soluzione che permetta, secondo legge, di mandare a casa gli allevatori di beagle? Oppure vuole fare come il suo collega di Mézilles, in Francia, che ha dichiarato di essere rimasto positivamente sorpreso per le precauzioni prese per garantire la salute dei cani nell’allevamento-lager?”

E mentre la protesta prosegue, a dimostrazione di come la vivisezione colpisca le coscienze dei cittadini, della questione si sta occupando anche Striscia la Notizia, che sta raccogliendo le adesioni e le firme anche su Facebook, dove è possibile inoltre scaricare una lettera di protesta prestampata da inviare alla direzione Asl della Lombardia.