Prato, la comunità cinese chiede lutto cittadino, il sindaco (del Pdl) dice no

Pubblicato il 5 Ottobre 2010 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA

La comunità cinese si aspettava il lutto cittadino per onorare le tre vittime del sottopasso ferroviario, ma il sindaco di Prato, Roberto Cenni, ha detto no. “Non credo che ci siano i presupposti” ha spiegato il primo cittadino.  Un duro colpo per gli asiatici che vivono nella città, la stessa che notoriamente non ha mai sopportato e visto di buon occhio il proliferare di cittadini provenienti dalla Cina.

Dopo la tragedia nel sottopasso Matteo Ye, una delle voci più ascoltate della comunità di Prato, aveva commentato così a CNR media: “Queste tragedie non devono avvenire in un Paese sviluppato come l’ Italia, sono episodi da luoghi arretrati. E’ una cosa vergognosa”. Ye aveva comunque incitato tutti i cittadini a stringersi intorno alle famiglie delle vittime perché “la solidarietà tra esseri umani, anche se ci fossero odi razziali, davanti ai morti dovrebbe essere automatica”. Ma il no al lutto cittadino potrebbe ulteriormente inasprire i rapporti tra italiani e immigrati cinesi.

Secondo Cenni “dovremo capire le circostanze che l’hanno determinata”, un evento naturale straordinario. ”Mi parlano di più di 100 millimetri in tre ore, quasi un’esplosione d’acqua. Se ci sono responsabilità specifiche lo vedremo – ha detto il sindaco – ma molto spesso si tratta proprio di incapacità dell’uomo a resistere a certi eventi naturali”.

Che tra il sindaco Cenni e i cinesi della città toscana non corra buon sangue è noto. E’ una ruggine che ha radici vecchie ed è finita anche sul New York Times in un lungo reportage in cui si racconta come le aziende tessili cinesi abbiano, di fatto, soppiantato quelle locali. Solo nel 2010 il sindaco ha ordinato 102 sequestri di altrettanti laboratori cinesi. Lotta al sommerso, almeno ufficialmente. In verità un piccolo conflitto di interessi c’è: il sindaco è azionista di maggioranza di un’azienda tessile, la Sasch,  che lavora proprio in Cina. Incroci pericolosi visto che gli operai dell’azienda, lo scorso agosto, hanno indetto uno sciopero. Non esattamente una roba da tutti i giorni per Pechino e probabilmente l’intransigenza del Cenni sindaco aveva qualche legame con la punizione del Cenni imprenditore.

Ora la tragedia e il no al lutto cittadino. Un’occasione persa, se non altro, per rendere i rapporti un po’ meno tesi.

I NUMERI In Italia, quella di Prato è la seconda comunità cinese, per numero di componenti, dopo Milano. Se le persone provenienti dalla Cina regolarmente iscritte all’anagrafe oggi sono 117.773, a Prato ne vivono oltre 11 mila (a Milano 14.798; a Roma 7.893; a Firenze 7.549; a Torino 6.480), secondo i dati diffusi recentemente dalla Laogai Research Foundation Italia. Questi i dati ufficiali. Ma se si tiene conto dei molti clandestini che vivono nella comunità, piuttosto chiusa e poco incline ad integrarsi, sarebbero 40/50 mila i cinesi che vivono a Prato.

Secondo i dati della Camera di Commercio, oggi Prato ospita 3.519 imprese manifatturiere a conduzione cinese, il 41,9% sul totale del settore. Di queste, 3.123 (81,8%) realizzano confezioni e solo 202 (7,7%) tessili. Gli immigrati cinesi sono la comunità che manda in patria la maggior quantità di denaro: nel 2008 l’importo delle rimesse ha superato 1,5 miliardi di euro, quasi il 3000% in piu’ rispetto a dieci anni fa.