Inchiesta riciclaggio, il consulente Cola patteggia. Indagini sulle tangenti ai politici

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 11:05 OLTRE 6 MESI FA

Tre anni e quattro mesi di carcere e una confisca di beni per oltre quattro milioni di euro. E’ il patteggiamento con cui, giudice per le indagini preliminari permettendo, si chiuderà la vicenda di Lorenzo Cola, consulente di Finmeccanica implicato nell’inchiesta sul riciclaggio che ha coinvolto i vertici aziendali e il faccendiere Gennaro Mokbel.

Al centro dell’indagine c’è la società Digint, acquistata da Finmeccanica e poi in parte ceduta al gruppo di Mokbel. Dell’affare Cola si è occupato in prima persona e il carcere ha probabilmente svolto un ruolo decisivo nel suo mutato atteggiamento. In una prima fase delle indagini, infatti, il consulente aveva scelto la via del silenzio. Poi invece, dopo i primi giorni di cella ha iniziato a collaborare ammettendo il suo ruolo in un affare fatto di fatture false e gonfiate.

Cola ha ottenuto i domiciliari ma non ha saputo dare dettagli sulla destinazione delle presunte tangenti versate nella gestione dell’operazione. E le indagini, ora, puntano proprio a far emergere i nomi dei politici implicati nella vicenda. E’ stato proprio il consulente, intanto, a tirare dentro l’inchiesta Marina Grossi (moglie del presidente e amministratore di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini) parlando di vertici aziendali molto interessati all’affare Digint, un “investimento” da 8 milioni di euro.

Cola, sul cui patteggiamento il Gip deciderà a marzo,  è indagato anche nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Enav, mentre Mokbel è tuttora sotto processo nell’ambito dell’inchiesta su un presunto maxiriciclaggio di 2 miliardi di euro, inchiesta che ha coinvolto, tra gli altri, anche ex dirigenti di Fasteweb e di Telecom Sparkle.