Sarah Scazzi, Sabrina Misseri contro papà Michele. L’avvocato: “Un nuovo caso Bebawi”

Pubblicato il 18 Ottobre 2010 - 19:23| Aggiornato il 19 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Sarah Scazzi

Le accuse reciproche, le ammissioni, le ritrattazioni sono forse un’abile stategia difensiva messa in scena da padre e figlia? L’avvocato Walter Biscotti, uno dei due legali che assistono la famiglia di Sarah Scazzi, non ha dubbi in proposito e fa esplicito riferimento al caso Bebawi, un omicidio di quasi 50 anni fa dove moglie e marito si salvarono accusandosi vicendevolmente. Viene in mente “Testimone d’accusa”, un giallo di Agatha Christie che ispirò a Billy Wilder un celebre film con Marlene Dietrich.Per ora, riferimenti cinematografici e memoria giudiziaria a parte, si tratta di suggestioni, ma è proprio il fortissimo legame tra padre e figlia a suggerire questa ipotesi. L’uno potrebbe cercare di salvare l’altro, intanto confondendo le idee agli inquirenti, seminando dubbi, avvalorando piste improbabili con la finalità ultima di rendere alla fine impossibile un giudizio definitivo.

Il balletto delle dichiarazioni punta sempre sulla contradditorietà delle posizioni assunte. Sabrina Misseri contro il padre Michele: lei si dice innocente, lui la tira in ballo. Secondo la versione dell’uomo “mentre lui strangolava Sarah, Sabrina la teneva ferma”. ”Questo caso a questo punto, visto che Sabrina conferma le proprie dichiarazioni, è il nuovo caso Bebawi. Andranno riscritti trattati di criminologia, non ricordo un altro caso giudiziario così”, ha commentato l’avvocato Biscotti.

Secondo Biscotti l’incidente probatorio è atteso dalla famiglia Scazzi come ”momento chiarificatore”, sia se riguarderà le sole dichiarazioni di Michele Misseri sia se consisterà in un confronto tra l’uomo e sua figlia Sabrina. Il cosiddetto ‘caso Bebawi’ riguardo’ i coniugi Youssef e Claire Bebawi, che si accusarono l’un l’altro per l’uccisione di Farouk Gourbagi, amante della donna, compiuta a colpi di pistola il 18 gennaio 1964 nel suo appartamento a Roma.

La vicenda giudiziaria durò otto anni, appassionando l’Italia, con vari colpi di scena e si concluse, in primo grado, con l’assoluzione per entrambi perché la Corte di assise non riusci’ a capire chi era stato il colpevole. Dopo l’assoluzione gli imputati lasciarono l’Italia. In secondo grado e in Cassazione furono entrambi condannati a 22 anni di reclusione, ma non scontarono mai la loro condanna.