Università, per ogni cervello che entra ne esce uno e mezzo. Laureati sempre più precari

Pubblicato il 7 Marzo 2011 - 12:06 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il problema dell’Italia non è tanto quello dei ”cervelli” in fuga, fenomeno diffuso anche in altri paesi europei, ma lo scarso appeal dei nostri atenei e centri di ricerca per studenti e ricercatori d’oltre confine. Per ogni cervello che entra, infatti, ne esce uno e mezzo.

Ad accendere i riflettori su questa defaillance del nostro sistema universitario è il XIII rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, presentato oggi, che mostra il perpetuarsi di un pesante saldo negativo. Secondo l’indagine del Consorzio interuniversitario, i laureati specialistici biennali con cittadinanza italiana del 2009 che lavorano all’estero, a un anno dal titolo, sono il 4,5% (erano il 3% nel 2009). Il 29% degli occupati all’estero proviene da ingegneria, il 16,5% dal gruppo linguistico, il 16% da quello economico-statistico e il 12% dal politico-sociale.

I laureati specialistici italiani che lavorano all’estero provengono per lo più da famiglie benestanti, risiedono e hanno studiato al Nord e già durante l’universita’ hanno avuto esperienze di studio fuori dai confini nazionali. A un anno dalla laurea, ha un lavoro stabile il 48% degli italiani occupati all’estero, 14 punti percentuali in più rispetto al complesso degli specialistici italiani occupati in patria. Questo – spiegano i ricercatori di Almalaurea – è il risultato dell’effetto combinato di una minore diffusione all’estero del lavoro autonomo (3% contro l’8 degli occupati in Italia) e di una maggior presenza di contratti a tempo indeterminato (45% contro il 26%).

Oltre il 70% dei laureati specialistici italiani occupati all’estero è impiegato nel settore dei servizi. Anche le retribuzioni medie mensili sono notevolmente superiori a quelle degli occupati in Italia, di circa 500 euro: gli specialistici trasferitisi all’estero guadagnano, infatti, 1.568 euro contro 1.054 dei colleghi rimasti a casa.