All’Università non si va più, il pezzo di carta vale sempre meno

Pubblicato il 27 Gennaio 2011 - 14:08| Aggiornato il 1 Febbraio 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA I ragazzi non si iscrivono più all’università, le iscrizioni in otto anni sono diminuite del 10 per cento e i diplomati scelgono altre vie a quella dello studio.

Nel 2003 erano stati il 74,5%, oltre 7 su 10, quelli che decidevano di immatricolarsi in uno degli atenei italiani. Nell’anno 2008/2009, invece, la percentuale ha toccato quota 66%,  ovvero il 2% in meno rispetto all’anno precedente. Non è andata meglio nel 2009/10 perché soltanto il 65,7% di chi esce dalle superiori decide di continuare a studiare.

In pratica meno di un diciannovenne su due si scrive all’Università dopo la maturità e il numero dei laureati è sceso a 293 mila, ovvero il 13% in meno rispetto ad otto anni fa quando erano 338 mila. Se nel 2003-2006 si era ancora intorno al 56%, nel 2007/08 si era già scesi al 50,8%, e nel 2009/2010 siamo al 47,7%.

Inoltre la fuga degli studenti si concentra più nelle aree dove ci sono maggiori possibilità lavorative, come spiega Luigi Biggeri del Comitato per la Valutazione del Sistema Universitario: «L’Indicatore di proseguimento degli studi dalla scuola superiore all’università presenza infatti differenze non banali tra le varie province: i valori più alti si hanno nelle provincie di Teramo, Bologna, Isernia e Rieti – con oltre 80 immatricolati ogni 100 maturi -, mentre i valori più bassi si registrano nelle provincie di Catania, Sondrio e Vercelli – con una percentuale di immatricolati su maturi tra il 40% ed il 50%».

Se all’università si va sempre meno, nella battaglia tra pubblica e privata vince la seconda. Gli studenti che hanno un voto di maturità superiore a 90 vanno proprio nelle private: la Luiss di Roma (con il 68,1%), la Bocconi di Milano (con il 58,0%), il Campus Biomedico di Roma (con il 52,6%) e il San Raffaele di Milano (con il 52,5%). Seguono l’Università della Calabria ed il Politecnico di Bari, con il 40,8%.