Vaccino anti-Aids: un’equipe italiana sperimenta una cura che rigenera il sistema immunitario

Pubblicato il 12 Novembre 2010 - 12:10 OLTRE 6 MESI FA

Un’equipe medica italiana ha sperimentato un vaccino anti Aids che aiuta e rigenera il sistema immunitario. La cura è stata messa a punto presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ed è giunta alla fase 2 della sperimentazione.

I risultati ottenuti finora su 87 pazienti di età compresa fra 18 e 58 anni, tutti in cura con la terapia antiretrovirale (Haart), sono pubblicati sulla rivista Plos One.

La sperimentazione, coordinata dal gruppo di Barbara Ensoli, è in corso in 11 centri ed è stata finanziata con 13 milioni.Frutto di una ricerca che ha portato finora a 10 brevetti da parte di una struttura pubblica come l’Iss, il vaccino terapeutico agisce colpendo la proteina Tat, che si trova all’interno del virus Hiv: è il motore che gli permette di replicarsi e diffondersi nell’organismo.

”Abbiamo visto che il vaccino arriva dove i farmaci si fermano”, ha spiegato la ricercatrice. I farmaci antiretrovirali riducono infatti il numero delle particelle di virus in circolazione, ma non riescono ad azzerarle. Il virus continua ad essere presente e si rifugia in ”santuari”, costringendo il sistema immunitario ad un continuo stato di allerta. Il risultato è una vera e propria sindrome, che si manifesta con problemi cardiovascolari, epatici, renali. “Il vaccino – ha detto ancora Ensoli – sembra riportare il sistema immunitario verso uno stato di equilibrio”.

La fase 2 della sperimentazione non è ancora conclusa e l’obiettivo è arrivare a vaccinare 160 volontari. Tuttavia ”abbiamo deciso di pubblicare adesso perche’ abbiamo ottenuto in tempi molto rapidi risultati statisticamente significativi: vederli è stata un’emozione”, ha detto Ensoli: ”A 48 settimane dalla somministrazione del vaccino i parametri continuano a migliorare, sembra che riusciamo a bloccare il danno”.

Per il presidente dell’Iss, Enrico Garaci, i risultati appena pubblicati ”ci danno ragione degli sforzi compiuti” e ”confermano il modello di ricerca traslazionale che stiamo attuando, dal bancone del laboratorio al letto del paziente”. Per completare la sperimentazione fino a 160 volontari servono adesso altri fondi e l’appello dei ricercatori è rivolto tanto al pubblico quanto a strutture private.