Yara Gambirasio: sette consulenti per tradurre la frase di Fikri

Pubblicato il 7 Dicembre 2010 - 14:43 OLTRE 6 MESI FA

Sono stati sette – secondo quanto appreso dall’Ansa – i consulenti che, in momenti diversi, hanno tradotto la frase di Mohammed Fikri, indagato in relazione alla vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, dalla quale in un primo momento si e’ ritenuto che lo straniero fosse coinvolto nei fatti.

In particolare, tre sarebbero stati d’accordo nel dire che la frase era del tipo ”perdonami Dio non l’ho uccisa io… Ascoltami Dio, Ascoltami…”, e sulla base di questo è stato deciso il fermo. Altri quattro, come si legge nell’ordinanza di convalida dello stesso fermo e della conseguente liberazione dell’indagato, hanno invece confermato che nella frase non c’era alcun riferimento alla vicenda.

Nel corso delle indagini il cellulare di Fikri era stato messo sotto controllo perché l’uomo si trovava nel cantiere dove Yaraè presumibilmente passata il giorno in cui se ne sono perse le tracce. Il 3 dicembre, Fikri ha contattato un’utenza, alla quale però nessuno ha risposto: ”Dopo qualche squillo – si legge nella richiesta di convalida del fermo – si attivava la segreteria telefonica, ma nel frattempo si udienza Fikri in tono accorato e angosciato invocare Dio e chiedere perdono nei seguenti termini: ‘Perdonami Dio… Non l’ho uccisa io… Ascoltami Dio, Ascoltami…”’.

Gli ulteriori accertamenti compiuti dai carabinieri su vari aspetti – tra cui il fatto che Fikri, dopo essere sentito dagli investigatori e aver detto loro di essere in partenza per il Marocco, aveva fornito agli stessi militari ai fini del suo eventuale rintraccio ”un’utenza telefonica completamente diversa” da quella fornita alla fidanzata – hanno consentito di ”ritenere la sussistenza di una calamità indiziaria” rispondente ai criteri previsti dalla legge per chiedere la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere dell’ indagato.

Nel corso dell’udienza di convalida, pero’, Fikri ha fornito ”su ogni circostanza sottoposta alla sua attenzione – si legge nel provvedimento del gip – una ricostruzione alternativa a quella esposta nel provvedimento di fermo, negando ogni suo coinvolgimento nelle ipotesi di reato contestategli”. In particolare, quando gli è stata fatta sentire l’intercettazione in dialetto marocchino, l’uomo ha riconosciuto la sua voce ma ha negato che alla frase ”potesse essere attribuito il significato riportato nel verbale di trascrizione agli atti del provvedimento”, spiegando che la frase era diretta a una persona che stava cercando di contattare per riavere una somma di denaro che gli aveva prestato. Tra l’altro ha detto di non aver pronunciato la parola ”quella” e la parola ”uccisa”. Lo stesso pubblico ministero ha quindi prodotto quattro verbali di traduzione effettuati nella tarda mattina del 6 dicembre e la frase tradotta da tutti i consulenti, anche se con sfumature diverse, è del tipo: ‘Dio, Dio, perché non rispondi…”.

Nel corso dell’udienza di convalida Fikri, ha poi chiarito le circostanze del suo viaggio in Marocco che ha portato al fermo.  Secondo Mohammed, si legge nell’ordinanza di “convalida del fermo e liberazione” infatti, la partenza ”era programmata da tempo, anche se aveva potuto acquistare materialmente il biglietto solo il lunedì 29 novembre”.

Il marocchino ha quindi dichiarato che si sarebbe fermato nel suo paese ”per quasi due mesi, in quanto nel periodo invernale il suo lavoro subisce una battuta di arresto a causa delle condizioni meteorologiche non favorevoli”. Nel provvedimento si sottolinea inoltre che sia il suo datore di lavoro che la sua fidanzata sapevano che sarebbe dovuto partire, insieme a suo cugino, il 4 dicembre, mentre i suoi familiari non sapevano della data del suo arrivo in Marocco ”perché l’indagato voleva fare loro una sorpresa”.