L’America scopre il buttero della Maremma, cowboy made in Italy

Pubblicato il 5 Luglio 2011 - 13:14 OLTRE 6 MESI FA

buttero_maremmaALBERESE (GROSSETO) – Li chiamavano butteri, oggi li ribattezzano i vecchi cowboy della Toscana. Sono i pastori a cavallo, quelli che per secoli hanno scorazzato dalle campagne fino alle coste e che ora sono rimasti sono una leggenda custodita in piccole fattorie superstiti.

Armati di cappello a falda larga, con i calzoni di fustagno, i cosciali, la giacca di velluto e l’onnipresente cavallo al seguito sono conosciuti come i butteri italiani, rappresentano il popolo della Maremma Toscana.

Se prima erano un migliaio adesso sono davvero pochi i pochi rimasti, i superstiti ai cambiamenti della società.

Il New York Times celebra questi uomini venuti dai campi, rievoca alla memoria i sapori e i gesti dei cowboy made in Italy, quelli che negli anni ’30 popolavano le colline della Toscana e garantivano l’incolumità delle fattorie più isolate.

Giovanni Travagliati ha 101 anni ed è il più anziano fra i veterani “butteri”. Racconta al quotidiano americano che quando è arrivato, ottant’anni fa circa “anche le piccole fattorie avevano due o tre butteri”.

Era molto comune la loro presenza, ora ridottasi a rare celebrità da non dimenticare perché schiacciate da altri miti.

La loro dura vita, quella dei ricordi dal XIX secolo in poi, era fatta di levatacce anche prima delle sei del mattino, passata in sella a un inseparabile cavallo, nel tran tran quotidiano di duro lavoro negli acquitrini della Maremma, con le mandrie da radunare e i campi da battere per ore.

I butteri d’Alta Maremma facevano prima un giro di ispezione per controllare il bestiame, selezionato e diviso per età e sesso, monitoravano il numero dei capi ed il loro stato di salute.

Adesso i cowboy italiani rifiutano di cavalcare la storia e andare oltre, sottolinea il New York Times, la stessa storia che ha portato i trattori nei campi bonificati e ha sostituito tanto lavoro delle bestie controllate dai butteri.