In Italia 5 milioni di immigrati. E 600 mila nuovi “Balotelli” di seconda generazione

Pubblicato il 26 Ottobre 2010 - 13:48 OLTRE 6 MESI FA

In Italia gli immigrati regolari sono diventati 5 milioni, a fronte di 500-700 mila clandestini. Lo ha riferito un rapporto della Caritas e della Fondazione Migrantes. In 20 anni, gli immigrati regolari in Italia sono aumentati di 20 volte: erano mezzo milione nel 1990, sfiorano i 5 milioni nel 2010 (7% dei residenti). Insieme al numero degli immigrati, anche a causa della crisi, ”sono aumentate le reazioni negative, la chiusura, la paura”, nei loro confronti da parte degli italiani.

Quasi 600 mila, sono di seconda generazione: una popolazione giovane di nuovi “Balotelli”, nati e istruiti in Italia che, però, al compimento del diciottesimo compleanno devono fare le pratiche per confermare la loro italianità. Un immigrato su quattro vive in Lombardia (982.225; 23,2%). Roma (405.657) perde il primato di provincia col più alto numero di immigrati a vantaggio di Milano (407.191).

Il dossier stima, al primo gennaio 2010, in 4.919.000 (uno ogni 12 residenti), il 51,3% donne, la presenza degli immigrati regolari, circa 700 mila in meno di quanti ne ha registrati l’Istat (4.235.000). Il dossier infatti, a differenza dell’Istituto centrale di statistica, include anche tutte le persone regolarmente soggiornanti ma non ancora iscritte all’anagrafe. Solo negli ultimi dieci anni l’aumento degli immigrati residenti è stato di circa 3 milioni mentre nell’ultimo biennio di quasi un milione.

La comunità più numerosa si conferma quella romena (21%), segue l’albanese (11%), la marocchina (10,2%). In Lombardia vive il 23,2% degli immigrati (982.225); poco più di un decimo nel Lazio (497.940; 11,8%). Segue il Veneto (480.616; 11,3%) e l’Emilia Romagna (461.321; 10,9%). A fronte di una media del 7% di stranieri sui residenti, in Emilia Romagna, Lombardia e Umbria si supera il 10% e in alcune province il 12% (Brescia, Mantova, Piacenza, Reggio Emilia).

Nel 2009 sono nati da entrambi genitori stranieri 77.148 bambini (21 mila in Lombardia, 10 mila nel Veneto, 7 mila in Emilia Romagna e Lazio); queste nascite incidono per il 13% su tutte le nascite e per più del 20% in Emilia Romagna e Veneto. I minori sono quasi un milione (932.675), il 22%; sono il 24,5% in Lombardia e il 24,3% in Veneto; il valore più basso si ha nel Lazio e in Campania (17,4%) e in Sardegna (17%). Altro dato significativo del rapporto: 572.720 (il 13%) dei residenti stranieri sono di seconda generazione. Si tratta per lo più di bambini e ragazzi nati in Italia, nei confronti dei quali l’aggettivo ‘straniero’ è ”del tutto inappropriato”, osserva il dossier.

Gli iscritti a scuola sono 673.592 (7,5% degli studenti). Nel 2009, sono stati censiti 6.587 minori non accompagnati dei quali 533 richiedenti asilo, per lo più maschi (90%) con età fra i 15 e 17 anni (88%); per questi, ”non sempre, al raggiungimento dei 18 anni, le condizioni attuali (3 anni di permanenza e 2 di inserimento in un percorso formativo) consentono di garantire loro un permesso di soggiorno”.

Gli immigrati irregolari presenti in Italia sono 500-700 mila. Gli irregolari, ritengono i ricercatori, sono tendenzialmente in calo (lo scorso anno le stime ipotizzavano circa un milione) e ciò è dovuto agli effetti dell’ultima regolarizzazione (300 mila) oltre al fatto che la crisi economica ha attratto di meno gli immigrati. All’origine dell’illegalità non ci sono gli sbarchi ma l’entrata legale. Ossia arrivi per turismo, affari, visita e altri motivi che una volta scaduti diventa clandestinità.

Il rapporto ribadisce che il ”rigore”contro la clandestinità ”va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria, di cui continuano ad avere bisogno persone in fuga da situazioni disperate e in pericolo di vita”. Rispetto ai ”flussi imponenti, e non eliminabili, anche la punta massima di sbarchi raggiunta nel 2008 (quasi 37 mila persone) è ben poca cosa. Risulterà inefficace il controllo delle coste, come anche di quelle terrestri, se non si incentiveranno i percorsi regolari dell’immigrazione”.

Ciò – prosegue il rapporto – ”induce a pensare in maniera innovativa la flessibilità delle quote, le procedure d’incontro tra datore di lavoro e lavoratore”. Riferendo un dato di Eurostat secondo il quale con ‘immigrazione zero’ l’Italia in mezzo secolo perderebbe un sesto della sua popolazione, la Caritas sottolinea che ”l’agenda politica è chiamata a riflettere sugli aspetti normativi piu’ impegnativi, come quelli riguardanti la cittadinanza e le esigenze di partecipazione di questi nuovi cittadini, in particolare se nati in Italia”.