Call center anti suicidi per imprenditori e liberi professionisti travolti dalla crisi

Pubblicato il 9 Marzo 2010 - 12:12 OLTRE 6 MESI FA

La vita per molti imprenditori e liberi professionisti del Nord Est è appesa a un filo, in equilibrio sull’orlo di un incubo. Il filo è quello del telefono, l’incubo quello di perdere il lavoro e con questo la casa e gli affetti. In quindici, uomini sul ciglio del precipizio fatto di disperazione per il fallimento professionale, hanno chiamato lunedi nelle prime cinque ore al numero verde anticrisi istituito dalla Camera di commercio di Padova nell’ambito di un progetto voluto dalle istituzioni padovane, in prima fila Provincia e Comune. Un patto che unisce l’amministrazione di Zanonato, sponda Pd, con quella di Palazzo Santo Stefano, retta dal Pdl. Concordi su un punto: la crisi rischia di portarsi via decine di persone, uccise dall’ansia di un’economia che stenta a ripartire. Un barlume di speranza da lunedi mattina alle 8 provano a darlo sei operatori del call center che risponde al numero 800-510052. Sono un gruppo di giovani consulenti laureati in psicologia del lavoro.

Formati nel dialogare con le persone in difficoltà, con davanti un pc con tutto lo scibile sulle opportunità finanziarie, assistenziali e di primo «soccorso» per chi le chiama cercando di capire come uscire dalle sabbie mobili dell’asfissia creditizia, della cassa integrazione che sta finendo o che non è mai iniziata. Venti minuti dopo l’attivazione della linea nell’ufficio dove opera provvisoriamente il pool di esperti arriva la prima telefonata. E’ un consulente aziendale, 42 anni, residente in periferia di Padova. «Ho sempre lavorato duro e tanto – racconta al telefono – poi da un anno a questa parte è iniziato l’effetto domino. Prima un’azienda mi ha detto che si rivolgeva ad un altro professionista, una seconda ha iniziato a ritardare i pagamenti delle mie prestazioni personali, una terza ed una quarta hanno chiuso. Altre due hanno mandato una raccomandata con cui non rinnovavano il contratto di consulenza biennale. In dodici mesi mi sono trovato disoccupato per mancanza di clienti. Sono passato dal lavorare 12 ore a zero. Ho provato a passare dalle consulenze organizzative e di mercato a quelle fiscali, ma non è cambiato nulla».

Il 42 enne con una laurea di Cà Foscari in tasca ed una professionalità diventata obsoleta di colpo chiede un aiuto, «per ricominciare a lavorare, per rimanere nel giro» spiega alla signorina al telefono. Ancora prima di parlare di soldi, quello che lo terrorizza è rimanere tagliato fuori dal circuito produttivo, con la giacca e la cravatta nell’armadio e la valigetta 24 ore vuota. Di casi come i suoi ce ne sono un terzo sulle quindici chiamate ricevute nelle prime cinque ore dal call center. Vengono indirizzati allo sportello provinciale del lavoro. Viene suggerito ai neo disoccupati della consulenza aziendale e delle professioni immateriali di rivolgersi anche alle agenzie di lavoro interinale. Forse lì domanda ed offerta di conoscenza torneranno ad incontrarsi. I più angosciati sono due operai: un lattoniere che nel 2008 si era messo in proprio aprendo nel garage dietro casa una piccola azienda assieme al cognato-collega e ad un dipendente romeno. La piccola azienda che lo ha convinto a mettersi in proprio è saltata. «Sono dell’Alta padovana – spiega l’uomo – il mio ex datore di lavoro mi aveva promesso ordinativi per due anni. Ho lavorato appena sei mesi a pieno regime, e sono arrivati puntuali i pagamenti solo del primo trimestre. Mi trovo con i debiti dell’avviamento da pagare e con zero prospettive per il futuro».

Per lui forse una risposta può averla uno dei consorzi di confidi delle associazioni di categoria artigiane. Numeri di telefono dati dalla operatrice vengono ripetuti dall’altro capo del filo come se fossero quelli di una schedina vincente del Superenalotto. A chi è rimasto «sotto padrone » come si dice ancora nella Bassa padovana non è andata meglio: «Ho ancora un mese di cassa integrazione, e poi non so cosa fare» spiega un operaio metalmeccanico della zona di Monselice. Lo indirizzano al centro provinciale dell’impiego. «Cos’è?» risponde stupito. «L’ex ufficio collocamento». «Dov’è? Ancora lì in zona industriale? » chiede. La sede si è trasferita da una decina d’anni in zona Stanga ma chi non ha mai dovuto cercare impiego non lo sa. «E’ la prima azione di questo genere a tutela degli imprenditori, dei lavoratori in difficoltà e quindi delle loro famiglie che viene attivata nel Veneto e l’obiettivo è quello di aiutare gli utenti a trovare risposte concrete – spiega il presidente della Camera di commercio di Padova Roberto Furlan – Le istituzioni di Padova hanno dato vita ad una rete istituzionale, frutto di un patto anticrisi: è la dimostrazione che a Padova sappiamo lavorare in una logica di squadra». Per vincere la partita più importante: quella di rimanere aggrappati al lavoro, alla casa, a tutto quello che riempie l’esistenza materiale di senso nell’ex miracolo del Nord Est.