Il settore della canapa tra prospettive economiche e leggi poco chiare

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Aprile 2020 - 07:44 OLTRE 6 MESI FA
Il settore della canapa tra prospettive economiche e leggi poco chiare

Il settore della canapa tra prospettive economiche e leggi poco chiare

Il mercato del CBD è uno dei più fruttuosi nel settore della canapa, che però riguarda anche molti altri prodotti che possono essere destinati a una grande varietà di applicazioni: si pensi, per esempio, alla fibra di canapa. Stando a un report di Research and Market, questa fibra insieme con i semi potrà dominare l’economia della canapa nei prossimi anni, venendo impiegata per esempio per la produzione di bioplastica e biocarburanti. Il grande vantaggio offerto dalla fibra di canapa riguarda il fatto che si tratta di un materiale rinnovabile: le industrie tessili vi ricorrono per la produzione della cellulosa o della carta, ma questo elemento può essere sfruttato anche per realizzare mobili e complementi di arredo.

Le coltivazioni della canapa in tutto il mondo

Gli Stati che vedono aumentare l’entità e la quantità di coltivazioni di canapa sono tanti in tutto il mondo: tra i più insospettabili ci sono, per esempio, il Lesotho in Africa e la Colombia in Sud America, ma anche la Giamaica e la Grecia. New Frontier, invece, ha riportato che in Cina solo nel 2017 sono stati non meno di 45mila gli ettari di canapa piantati. Negli Usa, invece, le coltivazioni si concentrano in modo particolare in Oregon, in Montana, in Kentucky e in Colorado: nel 2017 gli ettari seminati a canapa erano più o meno 10mila, e dopo due anni erano già arrivati a 80mila.

Il mercato globale del CBD e della canapa

Come si può intuire, insomma, sta crescendo sempre di più il giro di affari che riguarda la canapa, in Europa come in America, ma anche in Asia e in Oceania: una diretta conseguenza non può che essere una maggiore circolazione di CBD. C’è da tener presente, per altro, che nel corso degli ultimi anni l’utilizzo della cannabis per scopi terapeutici o ricreativi è stato favorito anche da leggi antiproibizioniste. Un esempio su tutti, da questo punto di vista, è quello che viene offerto dagli Stati Uniti, il Paese di riferimento per la ricerca e per l’innovazione: il che ha effetti evidenti anche sul piano economico, come dimostrano le previsioni secondo le quali nel giro dei prossimi 3 anni il business americano potrebbe raggiungere il tetto dei 24 miliardi di dollari. Non è un caso che diversi investitori, per far fronte alla concorrenza internazionale, abbiano deciso di puntare su prodotti innovativi realizzati con impianti all’avanguardia per l’estrazione del CBD.

La situazione in Europa

Il mercato dei derivati della canapa si sta ampliando anche in Europa e in Australia, dove la canapa viene annoverata tra le merci agricole. La Cina, a sua volta, sta crescendo in modo particolare per ciò che riguarda la fornitura di sementi, mentre nel 2018 solo in Canada le vendite hanno portato a un fatturato di 570 milioni di dollari. Le aziende si sono dimostrate pronte ad assecondare una domanda in costante aumento, attraverso l’investimento di risorse che possono essere destinate alla produzione di medicinali, alimenti, cosmetici e molti altri articoli.

La situazione in Italia: cosa dice la giurisprudenza

In Italia bisogna fare i conti, invece, con leggi non sempre chiare e spesso interpretate in modo contraddittorio. La sentenza delle Sezioni Unite del 19 dicembre del 2019, per esempio, ha precisato che non si può ritenere una condotta colpevole la coltivazione per uso personale, ammesso che ci siano espliciti indici presuntivi da questo punto di vista. Fino a qualche anno fa, in effetti, le norme riguardanti l’assunzione di canapa light per via orale potevano essere interpretate in maniera errata, ma per fortuna lo scorso anno è giunto un decreto a fare chiarezza. Tale decreto è relativo alle farine e ai semi in cui la concentrazione di THC non supera lo 0.2% e agli oli in cui, invece, tale concentrazione è al massimo dello 0.5%.

Una crescente permissività

Il legislatore negli anni più recenti ha messo in evidenza, nel settore della cannabis, un orientamento sempre più permissivo. È intervenuta perfino la Corte di Cassazione per mettere in evidenza l’esigenza di non stigmatizzare più questo comparto: il che rappresenta una chiara inversione di marcia rispetto a ciò che succedeva in passato. La giurisprudenza del nostro Paese si era sempre dimostrata particolarmente severa e proposito della coltivazione in casa di piante di canapa: chi in passato veniva scoperto a coltivare piante di cannabis, anche se per impiego personale, era destinato a essere punito. Secondo tale interpretazione restrittiva, infatti, lo scopo era quello di fermare la potenzialità lesiva della coltivazione, che avrebbe potuto agevolare un aumento della sostanza in circolazione, anche se di lieve entità, e quindi contribuire allo sviluppo del mercato illegale.

Un settore economico nuovo

Quello che è certo è che il mercato della canapa rappresenta un nuovo settore economico, caratterizzato anche dal proliferare di e-commerce. Si può affermare senza correre il rischio di essere smentiti che legalizzando la canapa light si contribuisce alla lotta contro i mercati clandestini, che sono in mano alle grandi organizzazioni criminali. Per altro, il territorio italiano sarebbe ideale per le coltivazioni di canapa: e non a caso il nostro Paese era una eccellenza in tale settore fino ai primi anni del Novecento, quando il proibizionismo ha stoppato il comparto e costretto la coltivazione per uso industriale a patire delle forti limitazioni.

Che cosa dicono i regolamenti europei

A livello europeo è stato definito un Catalogo delle piante consentite: le normative continentali, infatti, limitano il numero e la qualità delle piante che si possono coltivare per scopi industriali. Inoltre, è stato messo a punto un fondo europeo il cui obiettivo è quello di sostenere le aziende agricole e i coltivatori dal punto di vista finanziario, a patto che essi lavorino su piante con un contenuto di THC inferiore allo 0.2%. La legge italiana di riferimento è la n. 242 del 2016, incentrata sulla coltivazione di cannabis a uso industriale: si tratta di una legge che ha innalzato il limite previsto dal legislatore europeo per gli aiuti di carattere finanziario e che ha consentito la coltivazione di piante con una concentrazione di THC fino a un livello dello 0.6%.

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