La crisi di Genova. Mancano idee, traffici, soldi. E mancano gli abitanti, scesi sotto i 600 mila come nel 1931

di Franco Manzitti
Pubblicato il 29 Agosto 2010 - 01:15| Aggiornato il 15 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

Genova. Il teatro Carlo Felice

Il dato demografico fa accapponare la pelle sotto la Lanterna, in un fine estate durissima, mentre il mitico Carlo Felice, il teatro dell’ Opera, ricostruito negli anni Novanta dopo le distruzioni belliche, rischia di chiudere i battenti e l’ultima grande fabbrica di uno storico destino industriale, l’Ilva, ex Italsider di Cornigliano, mette in cassa integrazione gli ultimi operai di un esercito che ne contava decine di migliaia.

La popolazione genovese scende sotto il livello dei seicentomila abitanti per la prima volta dal 1931, due anni dopo la Grande Crisi del 1929. Oggi, 2010, due anni dopo il patatrac americano, ecco che la Superba fa i conti con un impoverimento demografico che il flusso immigratorio non riesce più a invertire, dopo avere sorretto per almeno 20 anni lo sboom della natalità, tanto forte da provocare gli anatemi di Papi come Giovanni Paolo II, Benedetto XVI Ratzinger e di cardinali come il “mitico” Giuseppe Siri, Dionigi Tettamanzi e l’attuale tonante segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone: “Genovesi, avari, stitici, non fate più neppure bambini…..”

Gli statistici mettono nei loro fumosi alambicchi i dati sfornati dal precensimento per l’anno prossimo e il risultato combina con effetto drammatico la frenata dell’immigrazione con la denatalizzazione dei genovesi.

Oggi gli immigrati, in gran parte sudamericani e equadoregni, sono 45 mila e rappresentano oltre il 7 per cento della popolazione peraltro decrescente. Ma diminuiscono con tassi prepotenti per ragioni connaturali alla grande crisi genovese e mondiale di questi anni: non trovano più occupazione nella ex Superba. I settori di impiego che erano attraenti sono rosicchiati, per non dire devastati, dalla crisi.

Facevano badanti e colf, trovavano lavoro nel settore edilizio e questi due filoni si stanno seccando con una rapidità inaudita. Badanti e colf incominciano a costare troppo, diventano consumi che si tende a “tagliare”, salvo nei quartieri residenziali dei più ricchi, dove la scena della giovane e vistosa badante russa che sorregge l’anziano signore genovese, si proietta ancora in tante modulazioni e variazioni etniche e sociali. E dove interi palazzi della ottocentesca Circonvallazione a Monte, la Boston genovese o del rutilante quartiere di Albaro, la Miami in riva al mare, tra ville e giardini, sono oramai in mano a eserciti di efficienti peruviani, bielorussi, ucraini, filippini, che gestiscono superappartamenti abitati da giovani ultraottantenni, molti quasi centenari.

Una visione un po’ inquietante di un futuro che sta facendo di Genova la capitale di un’esperienza unica in Europa, l’invecchiamento a strati densi di una popolazione intera.

L’altro filone che secca e che, comunque, frena l’immigrazione, è quello edile che la grande crisi del 2008 ha spazzato come un tornado, espellendo dal mondo del lavoro albanesi, equadoregni, peruviani, ma anche tanti nordafricani. Tremila posti di lavoro bruciati come cerini, senza calcolare l’indotto.

E allora Genova addio, meglio Milano e Torino, dove le opportunità di lavoro resistono un po’ di più che sull’ondulato e qua e là sfilacciato tessuto economico genovese: la metropolitana, unica linea, si ferma in galleria per mancanza di fondi, le grandi opere infrastrutturali che avrebbero cambiato la città sono ferme, l’edilizia scava solo box per posteggi altro che realizzare nuovi quartieri e, dopo anni di match anche violenti tra quartieri, imam e leghisti doc, non si decide neppure in quale quartiere costruire la Moschea e il nuovo stadio di calcio, chiesto dai presidenti di calcio e da intraprendenti imprenditori edili che restano con un palmo di naso o che bruciano capitali per opere come la ristrutturazione del water front di Corso Italia, la storica Promenade genovese, che le amministrazioni pubbliche, impastoiate in beghe ambientaliste e dipietriste non riescono ad approvare.