Gb, giudice: “Vietare i pantaloni a vita bassa viola i diritti umani”

Pubblicato il 6 Maggio 2010 - 18:20| Aggiornato il 7 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Una battaglia vinta per gli skater, gli amanti del movimento hip hop e per quei ragazzi e ragazze che semplicemente preferiscono mettere pantaloni abbondanti, quelli over-size tanto di moda, che cadono e diventano a vita bassa, molto bassa, lasciando scoperta buona parte delle mutande.

In gergo si chiamano «baggy pants», uno dei simboli della cultura nera giovanile americana, che tanto hanno fatto discutere negli ultimi anni, anche nel nostro Paese.

Con proposte di legge alcuni politici negli Usa cercano di mettere un freno al fenomeno, vietando di fatto di indossare in pubblico i pantaloni troppo calati che consentono a boxer o slip di spuntare prepotentemente sopra la cintura.

Ma un giudice in Gran Bretagna ha ritenuto ora che un simile divieto «vìola i diritti umani».

E così un tribunale britannico ha concesso al giovane Ellis Drummond il diritto di andare in giro con i pantaloni calati, anzi calatissimi. Questi i fatti: il diciottenne, con alcuni precedenti penali per droga e violenze, è stato condannato recentemente dalle autorità ad un cosiddetto Anti-social Behaviour Order (Asbo), ovvero un’accusa di comportamento antisociale.

Tra i provvedimenti richiesti dal procuratore quello di proibirgli l’esposizione indecente in pubblico di biancheria intima, ma anche d’indossare i maglioni con il cappuccio sollevato, che può risultare «minaccioso».

Gli Asbo furono introdotti dall’allora premier Tony Blair nel 1998 allo scopo di ridurre la criminalità giovanile. Si tratta di una serie di provvedimenti diretti a stroncare i comportamenti antisociali nelle strade del Regno, dall’ubriachezza agli atti vandalici. Chi si oppone ad un Asbo può essere punibile fino a cinque anni di carcere.

Il giudice di Bedford, a nord di Londra, non ha però appoggiato la richiesta del procuratore ritenendo che certi aspetti dell’Asbo si scontrano palesemente con le leggi britanniche sulle libertà individuali. Il giudice distrettuale Nicholas Leigh-Smith ha così dichiarato: «Alcune delle misure violano i diritti fondamentali dell’uomo».

Drummond potrà dunque continuare a vestirsi come gli pare. Tuttavia, per il ragazzo resta il divieto di soffermarsi sull’area del Bedford College; nello scorso mese è stato infatti condannato per rapina, aggressione e traffico di droga. La decisione ha destato grande interesse sui media inglesi. Con opinioni discordanti: in un fondo il Times ha ironizzato spiegando che «I pantaloni a vita bassa sono sì un reato – ma solo contro la moda».

Negli Usa il dibattito attorno a questo fenomeno, di portata nazionale, non si è mai veramente spento. Ma viene combattuto in prima istanza soprattutto a livello locale: l’ordinanza più eclatante è sicuramente quella del sindaco di Delcambre, cittadina della Louisiana. Da qualche anno chi indossa pantaloni a vita ultra bassa in pubblico rischia fino a sei mesi di galera e 500 dollari di multa.

Altre città americane sperimentano tuttora punizioni, con ammende decisamente più basse, ma con il solo obiettivo di «risollevare» la vita dei jeans. Le autorità difendono i provvedimenti, spiegando che lo fanno in nome dell’educazione e della moralità.