Gb, forse svelato il mistero della morte della pilota Amelia Earhart: finì naufraga su un atollo del Pacifico

Pubblicato il 15 Dicembre 2010 - 18:38 OLTRE 6 MESI FA

Amelia Earhart

Amelia Earhart, la leggendaria pilota che 73 anni fa aveva tentato di fare il giro del mondo con il suo aereo volando lungo l’Equatore, ma che era scomparsa senza lasciare traccia, potrebbe aver trovato una morte lenta e straziante a Nikumaroro, un’isola disabitata nell’arcipelago di Kiribati, nel Pacifico sud-occidentale.

A formulare la teoria è stato l’International Group for Historic Aircraft Recovery (Tighar), una spedizione internazionale di esperti che da tempo indaga sul mistero della Earhart e del suo navigatore Fred Noonan e che ha rinvenuto sull’atollo alcune ossa e oggetti che suggerirebbero la tragica fine della donna, scomparsa nel 1937 all’età di 41 anni.

Un esame del Dna verrà ora condotto sulle ossa per confermare che la loro origine sia umana: una frammento che sembrerebbe provenire da una falange potrebbe in realtà appartenere ad una tartaruga che possiede un osso simile nelle pinne.

A confermare i sospetti del Tighar sono però anche altri elementi: tra gli oggetti trovati sull’isola vi sono infatti una serie di oggetti risalenti agli anni Trenta, tra cui uno specchio, una cerniera prodotta in Pennsylvania, bottiglie da viaggio fabbricate in New Jersey e un coltellino elencato nell’inventario del suo aereo. Oltre a questi oggetti, gli studiosi hanno rinvenuto resti di falò con ossa di uccelli e lische di pesce, vongole gigante aperte come se fossero ostriche e conchiglie vuote collocate come per raccogliere acqua piovana: tutti indizi che punterebbero alla presenza di una persona che tentava di sopravvivere sull’isola.

Purtroppo per i ricercatori il pezzo finale del puzzle è già andato perso. Nel 1940 una spedizione delle autorità coloniali britanniche, che allora amministravano Kiribati, aveva trovato 13 ossa che dopo un primo esame risultavano “più di donna che di uomo” e “più probabilmente appartenenti ad una persona di razza bianca che polinesiana o di altre isole del pacifico”. Quelle ossa da allora sono andate perse, ma altre potrebbero ancora trovarsi sull’isola.

“Sappiamo che nel 1940 nessuna delle ossa della mano della naufraga erano state trovate”, spiega Ric Gillespie, direttore di Tighar, che spera che il pezzo di osso da loro rinvenuto sia davvero parte della falange. Lo studioso pensa che le ossa potrebbero essere state portate dai granchi nel luogo dove sono state trovate, suggerendo quindi una fine alquanto tragica per la pioniera dell’aria. Non stupisce dunque, che la famiglia della Earhart speri che gli studiosi del Tighar si stiano sbagliando. “Precipitare in mare è una fine veloce e pulita. Finire naufraga in un atollo senza acqua, tentare di sopravvivere, fallire e finire mangiata dai granchi non è bello. Sperano che abbiamo torto e non posso biasimarli”, ha detto Gillespie.

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