A Roma il centro che accoglie tutti come fratelli: Ripa dei Settesoli

Pubblicato il 22 Febbraio 2017 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA

Ogni anno oltre 40 persone senza famiglia, lavoro e dimora trovano accoglienza e aiuto dalla fraternità Ripa dei Settesoli, progetto che parte nel 2011 su iniziativa dei Frati Minori Francescani del Lazio: «Accogliamo giovani immigrati e italiani, vittime di situazioni di disagio. Viviamo con loro 24 ore al giorno, accompagnandoli in un percorso di rinascita spirituale e reinserimento sociale», spiega Fra Federico, uno dei responsabili. 33enne, ha vissuto tutte le fasi delle creazione dell’iniziativa e oggi si occupa di coordinare le tante attività pensate per formare e aiutare i ragazzi a trovare la loro strada nella vita e un lavoro. Lo fa grazie alla collaborazione degli altri frati e di volontari laici che scelgono di dedicare una parte della loro giornata al centro.

Laboratori di ceramica e pelletteria, corsi formativi per diventare camerieri o pizzaioli, aiuti a chi vuole concludere gli studi dell’obbligo o l’università, tante le opportunità che vengono offerte agli ospiti: «Li sosteniamo nella fase di riscoperta di loro stessi. Oltre alle attività previste, ognuno di loro ha la libertà di inventarne altre. Sono nati così laboratori per produrre oggetti e vere e proprie opere d’arte dal riciclo dei materiali», continua Fra Federico.

Nigeria, Afganistan, Pakistan, Mali, Angola, Romania e anche dall’Italia: sono tanti i Paesi da cui provengono i giovani e meno giovani che decidono di iniziare il loro percorso di rinascita all’interno del centro: «La nostra missione è quella di aiutarli da un punto di vista umano e professionale. Dar loro una formazione e spingerli verso l’autonomia. C’è un percorso in cui le persone vivono in appartamenti al centro di Roma, trovano un lavoro e contribuiscono al pagamento delle spese».

Fra Federico rifugge dall’idea di assistenzialismo. Spiega che il supporto dei frati ha lo scopo primario di spingere le persone a darsi da fare, a cercarsi da sole un lavoro, a contribuire alla vita comunitaria anche prendendo parte a tutte le attività quotidiane (pulizia e mensa) che vanno svolte all’interno di una comunità.

A spiegarci come è la vita all’interno di Ripa dei Settesoli, c’è Roberto, 35enne volontario, che ha scelto di soggiornare nel centro: «Si inizia la mattina presto con riflessioni che partono dalla lettura dei passi del Vangelo. Servono per offrire alcuni spunti esistenziali e coinvolgono tutti: sia cattolici, che persone di altre religioni, come atei. Si vive insieme, si lavora insieme e anche i compiti giornalieri vengono divisi tra gli abitanti della comunità. Ci sono poi momenti di condivisione e testimonianza, in cui gli ospiti decidono di raccontarsi. E spazi per divertirsi come il nostro pub, il Friar Pub Ripa», spiega Roberto.

Il giovane ci racconta come è avvenuto il suo incontro con Ripa dei Settesoli e cosa ha trovato vivendo in comunità: «Ho saputo dell’esistenza del progetto in un centro giovanile che ho frequentato. Ho deciso di trasferirmi a Roma e di soggiornare al centro per dare il mio contributo. Sono venuto pensando di dare qualcosa invece ho solo ricevuto. Per me è come vivere in una vera e propria famiglia. Come un fratello che si occupa degli altri suoi fratelli».

Altra testimonianza di chi ha rivoluzionato la sua vita grazie al centro, è quella di Leo, 27enne angolano, arrivato cinque anni fa a Roma, dopo aver girato il mondo, Brasile, Portogallo, Spagna: «Sono venuto in Italia per studiare. E oggi sono iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche alla San Tommaso d’Aquino. Quando il mio Paese ha iniziato ad avere problemi politici, l’inflazione mi ha causato delle difficoltà economiche. Allora un mio professore mi ha parlato del centro e ho deciso di andarci. Quello che mi ha colpito è la benevolenza e l’attenzione che i frati hanno verso ciascuno di noi. La capacità di stare insieme con persone di culture diverse. C’è uguaglianza e tutti vengono apprezzati e rispettati. Quel senso di accoglienza e di comunità che purtroppo vedo mancare oggi in molti italiani. Il mio sogno? Tornare nel mio Paese e fare carriera politica», racconta Leo.

Ed è proprio la capacità del centro di accogliere culture diverse, il valore in più che i frati francescani vogliono sottolineare: «Abbiamo creato un ambiente che sa custodire le persone nella loro unicità che sa ascoltarli e offrire delle relazioni fraterne. È proprio la condivisione delle esperienze che aiuta chi soffre una situazione di disagio a ripartire daccapo e a risolvere i propri problemi. Raccontare la propria storia e non sentirsi soli è la chiave per ricominciare», conclude Fra Federico.