Tutti a scuola… A casa. Il boom dell’istruzione a domicilio

Pubblicato il 6 Aprile 2010 - 15:21| Aggiornato il 7 Aprile 2010 OLTRE 6 MESI FA

Pietro Longhi: "Il precettore di casa Grimani"

E’ la risposta familiare alla scuola, si chiama “homeschooling”, diffusa in tutto il mondo e ora sempre più frequente anche in Italia. Si tratta della cosiddetta istruzione a domicilio, fuori dalle strutture scolastiche. A impartire le lezioni ai bambini sono dunque i genitori, oppure degli istitutori privati, come si faceva una volta.

Questa tendenza, proibita in paesi come la Germania,  è ormai un’abitudine in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Gran  Bretagna, se si pensa che negli Usa sono ormai 2 milioni i bambini che studiano con i genitori, 20 mila in Inghilterra e almeno 3 mila in Francia. Ora anche l’Italia sta seguendo l’esempio mondiale: nel nostro Paese – rileva un’inchiesta del quotidiano la Repubblica seguita da Paola Coppola – sono quasi 200 i casi di “istruzione parentale” rilevati, secondo i dati della Rete italiana scuola famigliare.

Sono centinaia le mamme che fanno lezione ai loro figli e si scambiano consiglio sul web. Altrettante le famiglie che si confrontano ormai da tempo sulle novità in merito a questa nuova “moda”, che può essere considerata forse un campanello d’allarme per l’istruzione del nostro Paese.  In altre parole, la scuola è in crisi e i genitori preferiscono istruire i propri figli in casa.

“La scuola non è obbligatoria, l’istruzione sì”, spiega chi ha deciso di compiere questa scelta, prevista dalla Costituzione e dalle leggi. Questi genitori ritengono, infatti, sia un’opzione che tiene lontani i bambini dal bullismo e offre loro il meglio, allontanandoli da una scuola noiosa e standardizzata. Una decisione discutibile, invece, secondo Sandra Chistolini, ordinario di pedagogia all’Università Roma 3 , secondo la quale  “la diffusione dell’educazione parentale priva i ragazzi del contesto sociale” offerto dalla scuola.

“La scuola pubblica per l’Italia è stata un’importante conquista sociale, la diffusione di quella parentale disperde questo patrimonio”, sottolinea la docente Chistolini, che avverte “da noi questo tipo di istruzione non è gestita dall’autorità didattica come in altri paesi, non c’è controllo”.