I compiti si fanno su Skype: gli studenti scelgono la chat per studiare

Pubblicato il 5 Marzo 2012 - 13:08 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I compiti a casa si fanno su Skype. I giovani studenti utilizzano la video chat per aiutarsi in matematica, geografia o musica. Cosa aspettarsi dalla nuova generazione di studenti, in cui il 45,5 per cento degli studenti usa il computer da quando aveva 10 anni, come spiega un rapporto della Fondazione Agnelli del 2010.Se poi si considera che nel 90 per cento delle case italiane c’è un pc e nel 72,2 per cento una connessione ad internet.

Il presagio è che in futuro gli insegnanti e le scuole saranno sostituiti dalle lezioni online, come già accasa alla North Miami Beach High School, dove a tenere le lezioni di inglese, storia e matematica non sono docenti in carne ed ossa, ma computer.

La società cambia e si evolve, l’istruzione non può cedere il passa. Internet diventa un modo per essere sempre collegati e disporre di una quantità ingente di dati, pronti all’uso per qualsiasi materia si debba studiare. Se poi oltre ai dati si può essere in contatto, in qualunque momento, con un compagno di classe che possa spiegare la lezione, saltata o non capita, diviene uno strumento potente.

Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei New Media all’Università di Urbino Carlo Bo, spiega: “Ci sono tre livelli di comunicazione, tra gli studenti. Il primo è la chat, con Facebook o Messenger, il secondo è la voce, al telefono o su Skype, il terzo è voce più video, e si realizza con Skype”. Alberto Marinelli, che all’università La Sapienza di Roma insegna Teorie e tecniche dei nuovi media, sottolinea: “Per questi ragazzi essere fisicamente presenti o essere collegati è la stessa cosa, è una condizione di assoluta e serena quotidianità, fa parte della normalizzazione dell’uso delle tecnologie nella vita di tutti i giorni”.

Il parere di Giuseppe Bertagna, pedagogista e ispiratore della riforma Moratti per la scuola, ha osservato: “Da Platone in poi tutti gli strumenti si sono adattati ai tempi. Il concetto stesso di qualità è cambiato. La scuola non può non tenere conto della globalizzazione e dell’evoluzione tecnologica. Più che scandalizzarci, dovremmo tematizzare il problema, trasformarlo in una opportunità per produrre formazione. Trovo interessante togliere Skype e affini alla gestione anarchica degli studenti, per renderlo uno strumento pedagogicamente legittimato dall’insegnante. Il vero problema, oggi, è che le giovani generazioni hanno bisogno di essere accompagnate da persone in grado di interloquire con i nuovi strumenti e trattarli in maniera produttiva”.