LONDRA – Con i soldi non si compra la felicità: l’antico adagio è ribadito da un progetto di ricerca sul benessere, inteso come salute fisica e mentale, condotto in Gran Bretagna. Uno studio guidato da Lord Richard Layard e dal suo team della London School of Economics ha rilevato che il trattamento della depressione e dell’ansia ridurrebbe del 20% l’infelicità nel Regno Unito; eliminare la povertà ridurrebbe l’infelicità soltanto del 5%.
Lord Layard ha affermato che ridurre la povertà non aumenta il grado di felicità, aumentare il reddito non accresce la felicità. Se il reddito di una persona aumenta, il reddito di un’altra soffre del calo in termini relativi, spiega il Daily Mail.
I ricercatori sostengono che questa scoperta aiuta a spiegare perché in Australia, Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti la felicità media sia venuta meno nonostante la crescita enorme del tenore di vita. Mentre la disuguaglianza del reddito illustra solo l’1% della felicità in una comunità, lo studio sostiene che la salute mentale rappresenta il quattro-cinque per cento.
Lord Layard menziona “I Miserabili” di Victor Hugo per spiegare la sua teoria: “Ciò che distingue I Miserabili dagli altri, non è la povertà né la disoccupazione ma la malattia mentale che spiega quanto possa incidere più della povertà. Le cose che contano di più per la nostra felicità, o per la nostra infelicità, sono i rapporti sociali, la salute mentale e fisica. Lo Stato deve assumere un nuovo ruolo: non “creare ricchezza ma benessere. In passato, lo Stato ha adottato misure per la povertà, la disoccupazione, l’istruzione e la salute fisica. Ma ora sono altrettanto importanti la violenza domestica, l’alcolismo, la depressione, l’ansia, l’emarginazione dei giovani e tanto altro ancora. Dovrebbero essere al centro dell’attenzione”.
Nancy Hey, direttrice di What Work Center for Wellbeing, afferma: “La maggior parte delle persone sono convinte che migliorare il benessere sia importante, ma ciò che è più difficile da capire è cosa possano fare il governo, le organizzazioni, le imprese e le comunità. Questo studio, ci aiuta a capire come supportare realmente le persone affinché possano vivere un’esistenza migliore”.