Ultras serbi, i ‘tormenti’ di Ivan il Terribile: “Non conosco mafiosi e mi manca la mamma”

Pubblicato il 20 Ottobre 2010 - 13:55 OLTRE 6 MESI FA

Ivan Bogdanov

”Non ho preso soldi da nessuno per quello che ho fatto allo stadio di Genova, non conosco mafiosi o narcotrafficanti”: Ivan Bogdanov, dal carcere di Pontedecimo, parla attraverso il suo avvocato Gianfranco Pagano con il giornale belgradese Vecernje Novosti e smentisce le notizie sui suoi presunti collegamenti con la criminalità organizzata serba.

”Se avessi preso 200 mila euro, come si dice, non avrei viaggiato in autobus e dormito in hotel a una stella”, afferma Bogdanov che sottolinea di essere ”solo un tifoso della Stella Rossa”. ”Non sono la marionetta di nessuno. Ho già detto il perché ho fatto ciò che ho fatto, e mi sono scusato. Non avevo la benché minima idea che tutto ciò avrebbe provocato uno scandalo internazionale e che mi avrebbero collegato con mafiosi e criminali”.

Nei giorni scorsi il quotidiano belgradese Politika ha scritto che boss della mafia serba avrebbero pagato 200 mila euro a una sessantina di hooligan per scatenare le violenze e gli incidenti alla partita Italia-Serbia dello stadio di Genova. Nell’intervista a Vecernje Novosti, Ivan Bogdanov afferma poi di preferire un processo in Italia.

”Penso che in Italia avrò una pena molto meno pesante rispetto alla Serbia e potrò contare su un processo giusto e corretto, cosa invece che non mi posso aspettare a Belgrado”. Inoltre, aggiunge, ”il carcere qui in Italia è sicuramente molto più comodo”. Come riferisce il giornale, l’avvocato Pagano porta quotidianamente i giornali a Ivan, che guarda la tv e sa che e’ seguito e ammirato da molti su Facebook.

”Vorrei che non fosse così, che quanto prima si scordino di me e che i giornali non scrivano più delle mie vicende. In tal modo per me sarà più facile”. ”Mi mancano gli amici ma soprattutto la mia mamma. Spero che stia bene e che non sia preoccupata per me”, ha detto Bogdanov che – secondo il giornale – nel carcere di Potedecimo vive in una cella da due con un altro detenuto serbo, col quale parla e passeggia durante l’ ora d’aria.