Arsene Wenger lascia l’Arsenal. Fine di un’epoca: 22 anni ai Gunners, ma non sapeva più vincere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Aprile 2018 - 12:05 OLTRE 6 MESI FA
Arsene Wenger lascia l'Arsenal. Fine di un'epoca: 22 anni ai Gunners, ma non sapeva più vincere

Arsene Wenger lascia l’Arsenal. Fine di un’epoca: 22 anni ai Gunners, ma non sapeva più vincere

ROMA – Arsene Wenger lascerà la panchina dell’Arsenal al termine della stagione, dopo 22 anni alla guida dei Gunners. La decisione del tecnico francese, il cui contratto scadeva nel 2019, è stata ufficializzata questa mattina. L’Arsenal è sesto in Premier League, lontanissimo dalla zona Champions League, ma ha raggiunto la semifinale di Europa League.

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“Grato e onorato per aver avuto questo privilegio, ma dopo un’attenta valutazione e continue discussioni con il club, sento che è il momento giusto di lasciare”, questo il laconico comunicato apparso sul sito del club. In Inghilterra Wenger, 68 anni, ha vinto tre campionati, sette Coppe d’Inghilterra con i Gunners. Sbarcato a Londra il 1 ottobre 1996, attualmente è il manager di maggiore anzianità nello stesso club, con 823 panchine. Nelle ultime due stagioni il tecnico alsaziano ha però dovuto subire frequenti contestazioni da parte degli stessi tifosi dei Gunners, frustrati dalla mancanza di risultati della squadra.

Profeta di un gioco spettacolare e sempre votato all’attacco, il calcio di Wenger sembrava non prevedere una fase difensiva all’altezza: fin quando ha potuto disporre di campioni della qualità di un Thierry Henry, l’equivoco è stato in qualche modo mascherato, quando, con i soldi delle tv e dei magnati russi e asiatici, il livello competitivo si è drasticamente alzato, il football “champagne” ha mostrato tutti i suoi limiti. Grandi match alternati a capitomboli imbarazzanti, la regolarità necessaria a vincere i campionati un  miraggio.

Ma il totem Wenger, ultimo dei mohicani dopo il ritiro del grande avversario sir Alex Ferguson, sembrava impermeabile a ogni critica o riserva: peraltro il suo contratto da manager gli concedeva poteri tanto ampi da esser lui stesso l’unico abilitato a sollevare l’allenatore dall’incarico. Quel momento è arrivato.