Patteggiare, rischiare, “sacrificarne” uno. Scommesse, cosa conviene alla Juve

Pubblicato il 27 Luglio 2012 - 12:49 OLTRE 6 MESI FA
Antonio Conte e Leonardo Bonucci (Ansa)

TORINO –  Il giorno dopo è quello della conta dei danni e delle strategie. La Juventus, deferimenti alla mano, sa già che Antonio Conte sarà comunque il suo allenatore. E’ vero, sulla carta rischia una squalifica di un anno, ma le possibilità di una sanzione del genere sono ridotte.

Anche perché aver evitato l’accusa di illecito schiude al tecnico la possibilità del patteggiamento con tanto di più che probabile squalifica lieve.  Resta da capire se Conte si farà consigliare e accetterà di “dichiararsi colpevole” e accettare la piccola macchia. Sta di fatto che il suo avvocato, ieri, commentando a caldo il deferimento, spingeva neppure troppo implicitamente in quella direzione, puntando in modo forte sul “ridimensionamento del capo accusatorio”. Che in effetti c’è stato anche se nella forma che su Repubblica Giuliano Foschini e Marco Mensurati definiscono “un carpiato” che poco o nulla c’entra con la ricerca della verità.

Il caso Conte. Semplicemente l’accusa di omessa denuncia è una resa. Non perché Conte sia colpevole o innocente ma perché Stefano Palazzi e la procura rinunciano in anticipo a capire come siano  andate davvero le cose. E lo fanno con una formula ibrida che ha l’obiettivo di non credere troppo all’accusatore, Filippo Carobbio, senza smontarne però le accuse. Il perché è presto detto: sulle accuse di Carobbio la procura ha già istruito e sentenziato sul primo filone di scommesse. Sono arrivate delle condanne: quindi Carobbio è credibile. Allo stesso tempo, almeno per quanto riguarda l’affaire Conte, lo è solo in parte.

Palazzi, infatti, da un lato scrive che le “accuse di Carobbio a Conte appaiono univoche e concordanti”. Subito dopo, però, il procuratore aggiunge: “La conoscenza di Conte dell’accordo non dimostrano un contributo causale all’alterazione del risultato”. Insomma per Palazzi Conte sapeva, l’accordo gli sarebbe andato bene, ma non avrebbe influito sul risultato. Anche perché sostenere l’accusa di illecito in tribunale sarebbe stato difficile persino con gli strumenti non proprio garantisti della giustizia sportiva.

La grana Pepe-Bonucci. Se con un patteggiamento la vicenda Conte per la Juve si potrebbe chiudere con un danno quasi nullo e un lieve imbarazzo, decisamente più complessa è la questione legata ai due giocatori deferiti, Simone Pepe e Leonardo Bonucci. Dei due rischia di più il centrale difensivo, accusat0 di illecito sportivo, mentre Pepe è chiamato in causa solo per omessa denuncia. Il problema è che il destino dei due giocatori, per uno scherzo del destino, è intrecciato. All’epoca dei fatti contestati i due erano avversari: Pepe giocava nell’Udinese, Bonucci nel Bari. Secondo Palazzi quell’Udinese-Bari 3-3 fu partita combinata e in quell’accordo Bonucci ebbe ruolo attivo mentre Pepe ne sarebbe stato “solo” informato. E qui viene il paradosso: Pepe può patteggiare, Bonucci no. Ma se Pepe patteggia ammette la combine e quindi “inguaia” il compagno di squadra. Se invece tace rischia comunque una condanna più lunga e non è certo di uno sconto di pena per Bonucci. Cosa conviene allora alla Juventus? La valutazione va fatta sul rischio: se si considera Bonucci “perso” conviene il patteggiamento di Pepe che potrebbe cavarsela, come Conte, con una mini-squalifica. Altrimenti si rischia e si cerca la strada dell’assoluzione.

Agnelli ed Elkann difendono i deferiti. La Juventus, intanto, continua a fare quadrato attorno ai suoi, soprattutto a Conte. Così, come già fatto con tanto di conferenza stampa congiunta il giorno della notizia di indagine, il presidente Andrea Agnelli prende le parti del tecnico esprimendo “amarezza e solidarietà”. ”Ribadisco il pieno sostegno – spiega sul sito bianconero il presidente della Juventus – anche se gli eventi odierni lasciano in tutti noi una profonda amarezza, mitigata dalla consapevolezza che le regole del processo sportivo arriveranno a fare chiarezza nel corso di questa partita che si svolge innanzi a vari gradi di giudizio. Alla Juve non si resta soli”. Più diplomatico John Elkann che dopo aver difeso i suoi giocatori e sostenuto le parole di Agnelli esprime “fiducia” nella giustizia sportiva. Almeno fino alle sentenze.