Calcio. 30 anni dopo lo “scandalo scommesse”, parla Paolo Rossi: “Fui ingenuo”

Paolo Rossi con la maglia del Perugia

A trent’anni dalla prima grande inchiesta sullo “scandalo del calcio-scommesse”, l’ombra delle partite “truccate” torna ad avvolgere il campionato di serie A. Il torneo che fino a pochi anni fa era definito il “campionato più bello del mondo”. Negli ultimi giorni si sono addensati alcuni sospetti attorno al pareggio per 1-1 tra Chievo e Catania del 21 marzo 2010.

E la memoria collettiva non può che andare a 30 anni fa, allo “scandalo calcio-scommesse” che provocò un terremoto nel mondo pallonaro italiano. I giocatori che all’epoca furono coinvolti oggi non vogliono tornare a parlare di quegli episodi: ad esempio Lionello Manfredonia, Bruno Giordano e Ricky Albertosi sono ancora oggi “reticenti”. Alcuni di loro però ne parlano: Paolo Rossi, ad esempio, ricorda quegli anni e ancora oggi afferma di essere stato vittima della sua ingenuità.

Rossi fu squalificato per due anni dopo il pareggio tra Avellino e Perugia del 30 dicembre 1979: il centravanti, che all’epoca giocava nel Perugia ed era il miglior talento italiano in circolazione, fu ritenuto uno degli artefici di quel pareggio “concordato”. «Fu l’ingenuità di un minuto, due al massimo – dice “Pablito” – Per aver parlato con un faccendiere (Massimo Cruciani) che mi aveva presentato un mio compagno di squadra (Mauro Della Martira). Dissero che avevo accettato delle cose. Ma non era vero. Lo ripeto da trent’anni. Sono stato ingenuo… forse dovevo denunciare la cosa… ma come si fa a denunciare un compagno? Solo che è stata una cosa drammatica». Alcuni anni dopo, sarà lo stesso Cruciani a scagionare Rossi per il fattaccio incriminato. L’Italia avrebbe vinto il Mondiale del 1982 grazie soprattutto alle prodezze di Pablito appena rientrato dalla squalifica.

Ma ci sono anche altri giocatori che oggi ricordano il “malaffare” delle scommesse. Carlo Petrini, ex attaccante di Torino, Milan, Roma e Bologna, è stato intervistato da Il Fatto in merito alla vicenda. Petrini, che fu squalificato per 3 anni e 6 mesi, ricorda che i “burattinai” del sistema delle scommesse erano proprio Massimo Cruciani e Alvaro Trinca.

I due faccendieri gestirono in quegli anni un giro di partite di serie A e contattarono decine e decine di giocatori, anche affermati. Due sono le partite “vendute” raccontate da Petrini: la prima è Bologna – Juventus del 13 gennaio 1980. In quell’occasione tutti i giocatori del Bologna (Petrini compreso) furono convocati dal direttore generale rossoblù Ricky Sogliano: questi spiegò che quella partita “doveva” finire pari e i giocatori accettarono. La partita finì 1-1, con due gol “sospetti”: sul primo di Causio, il portiere bolognese Zinetti commise un errore grossolano; il pareggio del Bologna arrivò invece grazie ad un autogol di Brio.

La seconda partita è Bologna – Avellino, disputata sempre nel 1980. L’incontro finì “erroneamente” 1 a 0 per il Bologna e Cruciani, ricorda Petrini, “andò su tutte le furie” e cominciò a ricattare “mezza Italia”.

Nel ricordo di Petrini, Cruciani viene descritto come un uomo “molto vicino al Vaticano”: proprio grazie ai suoi buoni uffici con la Santa Sede era in grado di offrire regali e favori ai giocatori “compiacenti” che facevano parte del suo “sistema”. Petrini ricorda che “ci portava a fare acquisti o benzina a prezzi stracciati in Vaticano, regalava cassette di frutta”. Fin qui il ricordo del passato, ma Petrini, attualmente quasi cieco per un glaucoma, non si fa troppe illusioni sul presente: “Di partite bizzarre ne vedremo tante da qui alla fine del campionato.”

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie