Cessione Roma, il sogno dell’azionariato popolare. Ma chi ci mette i soldi?

Pubblicato il 9 Settembre 2010 - 17:13 OLTRE 6 MESI FA

Rosella Sensi

C’è l’editore Angelucci, c’è l’imprenditore farmaceutico Angelini, c’è il fondo Clessidra e c’è persino l’egiziano patron di Wind Sawiris. Ce ne sono anche altri, i cui nomi non sono usciti allo scoperto. La lista di quelli che vogliono succedere alla famiglia Sensi nella proprietà dell’As Roma, insomma, è lunga. Talmente lunga da non lasciar fuori neppure i tifosi, quelli che, da che mondo è mondo, il calcio lo finanziano a suon di biglietti, gadget e abbonamenti televisivi.

Qualcosa, però, complice la complessa situazione del club della Roma, potrebbe anche cambiare. Perché l’azionariato popolare, ovvero la diretta partecipazione della gente alle scelte del club attraverso l’acquisto delle azioni, potrebbe non essere più un tabu. Ad aprire il fronte sono stati quelli di MyRoma, un associazione fondata da 83 membri che proprio nella mattinata di giovedì 9 settembre ha organizzato un meeting nella sede della provincia per illustrare nei dettagli il progetto.

A spulciare la lista del popolo aspirante azionista ce n’è un po’ per tutti i gusti. Si parte dalla politica con il verde Paolo Cento e un certo affollamento di finiani, da Fabio Granata a Claudio Barbaro. Poi lo spettacolo, con personaggi del calibro di Gigi Proietti e Luca Barbarossa.

Il modello, ambizioso, è quello del Barcellona che, grazie al popolo blaugrana ha raccolto 175.000 soci e 26 milioni di euro. La Spagna, però, è un’altra cosa. MyRoma, infatti, per ora non pensa neppure all’ipotesi, suggestiva ma impraticabile di un’offerta pubblica d’acquisto. L’obiettivo, come spiega il presidente Walter Campanile, “è raggiungere il massimo di sottoscrizioni possibili”. Guai, però, a chiedere quanti siano i tifosi che hanno versato i 100 (diventeranno 150 dopo il 2012) euro che servono per sottoscrivere una quota associativa ordinaria di MyRoma.

“Dobbiamo strutturarci per fare bene i conti” spiega Campanile. Il tempo, però, stringe e Rotschild sta iniziando a valutare la consistenza degli interessati alla proprietà della Roma. L’azionariato popolare resta uno scenario suggestivo. La Roma, però, non può più aspettare e nonostante il sogno di possederne un pezzetto sia di tanti, probabilmente la maggior parte dei tifosi sarebbero decisamente più entusiasti dell’arrivo a Trigoria di un arabo qualsiasi. Purché ricchissimo.