Buu razzisti? Multa da 20 mila euro. L’Italia batte così il razzismo?

di Alessandro Avico
Pubblicato il 6 Marzo 2012 - 10:35 OLTRE 6 MESI FA

Juan (Lapresse)

ROMA – Un buu in curva, una multa soft, e passa la paura. Il razzismo da stadio costa poco. L’ultimo caso è quello dei ventimila euro di sanzione alla Lazio per i buu scimmieschi della Curva Nord al difensore della Roma Juan durante il derby. Verrebbe subito da domandarsi: è così che il calcio italiano si batte contro il razzismo negli stadi? Ammesso che tutto ciò equivalga effettivamente a battersi. Ventimila euro per una società di calcio in effetti sono una cifra irrisoria e volendo essere maligni è più una somma da “affitto” che da multa.

Non solo le multe irrisorie però, anche le frasi di circostanza, dette tanto per essere dette, non servono praticamente a nulla. Prendiamo ad esempio Giancarlo Abete, presidente Figc: “I comportamenti razzisti sono inaccettabili ma non facciamo di tutta l’erba un fascio”. Marcello Nicchi, numero uno degli arbitri: “Dobbiamo combattere questa vergogna, ma l’arbitro non ha la facoltà di sospendere la partita, questa decisione la deve prendere chi è preposto”. Damiano Tommasi, sindacalista dei calciatori: “Fermare la partita? Bisogna capire se sia giusto fermare uno spettacolo a discapito di tutti o se sia meglio colpire quei pochi che si comportano in modo incivile. In ogni caso la solidarietà dei calciatori non è mancata”.

Tutti commenti freddi, distaccati e soprattutto ormai inutili. Forse le parole più efficaci sono state proprio quelle di Edy Reja, allenatore della Lazio: “Detesto queste cose, quei buu non mi sono piaciuti. Ma ho apprezzato che Matuzalem, Dias e Klose abbiano abbracciato Juan”. Addirittura ignorati, invece, i cori della curva romanista contro Diakitè.

Roba che gli inglesi ci ridono dietro. Eppure anche loro il razzismo da stadio anche lo hanno vissuto, e a volte continuano a viverlo. Come hanno fatto? Di certo non con una multa che “lava-coscienza”, quattro soldi e via, che ufficialmente servono a sanzionare quel coro spregevole anche agli occhi dell’Europa (l’Uefa è molto più sensibile e dura in questi casi), ma che poi effettivamente non fa male. E anzi si va persino indietro: la Juve nel maggio 2009 giocò a porte chiuse contro l’Atalanta, e nel gennaio 2010 curva chiusa con la Roma in Coppa Italia. Sempre per cori contro Balotelli. Oggi non è passato per la testa a nessuno.

In Inghilterra si sta combattendo una battaglia feroce sul razzismo: Suarez è stato squalificato 8 giornate per insulti a Evra dello United, il City ha fatto denuncia all’Uefa per cori dei tifosi del Porto contro Touré e Balotelli, le stesse dimissioni di Capello si riconnettono al caso Terry, (ex) capitano dell’Inghilterra che avrebbe insultato Anton Ferdinand del Qpr. In Italia la tensione è calata. I buu a Juan sono stati innescati da una normale azione di gioco, segno che l’automatismo è immediato, e si sono propagati rapidamente quasi a tutta la curva.

Se Juan si è rivolto alla curva per dire “zitti” e poi al quarto uomo per chiedergli se avesse sentito, in campo non è quasi accaduto nulla: l’altoparlante ha dato un avvertimento, Matuzalem si è rivolto alla curva per dire di smetterla, l’arbitro Bergonzi ha proseguito il match come se nulla fosse, giocatori e allenatori non hanno chiesto alcuno stop. Esiste una norma (art. 62 comma 6 Norme Organizzative Interne della Figc) che dice così: “Il responsabile dell’ordine pubblico…. il quale rileva uno o più striscioni esposti dai tifosi, cori, grida ed ogni altra manifestazione discriminatoria costituenti fatto grave, ordina all´arbitro, anche per il tramite del quarto ufficiale… di non iniziare o sospendere la gara”. La norma c’è, nessuno la applica. Nascondersi dietro motivi di ordine pubblico a volte non basta. E intanto gli altri continuano a ridere. Noi a fare buu.