Grecia, Spagna, Italia, Portogallo. Euro(peo) dei Pigs contro la Germania

di Emiliano Condò
Pubblicato il 19 Giugno 2012 - 00:20| Aggiornato il 20 Giugno 2012 OLTRE 6 MESI FA

(LaPresse)

VARSAVIA – Il quadro è completo e se la “Europa a otto” fosse davvero questa Angela Merkel vivrebbe giorni persino peggiori di questi tormentati che seguono il voto greco. Perché l’Europa del pallone dà responsi che col rigore economico hanno pochissimo a che vedere: i Piigs perdono solo una i, quella irlandese, e avanzano compatti verso i quarti di finale. Ci sono 4 delle cinque economie più discusse del vecchio continente: quella italiana, quella spagnola, quella portoghese e soprattutto quella greca. Ovviamente ci sono anche i tedeschi (loro non mancano mai). Poi ci sono i francesi e due squadre che con l’Europa politica hanno a vedere un po’ meno: la Repubblica Ceca (stato giovane e tutto sommato ancora periferico) e l’Inghilterra, che in Europa non c’è mai stata fino in fondo.

E il destino sotto forma di accoppiamenti ci mette del suo: il primo quarto di finale è più che mai il simbolo di quanto in Europa sta succedendo, Germania contro Grecia. Il valore tecnico sul campo, e quindi il pronostico, ricorda da vicino le rispettive economie. La Germania anche nel calcio in Europa è tra le più forti, la Grecia un europeo l’ha vinto quasi per caso. Era il 2004, si giocava in Portogallo, non c’era la crisi e la grecia a forza di catenaccio e gol casuali si portò a casa il titolo.

Il pronostico è quasi chiuso: la Germania dovrebbe estromettere la Grecia dall’Euro… peo senza troppo penare. Poi il calcio è un’altra cosa. Ci sono gli episodi e i rigori. Talvolta se ne fischiano anche di inesistenti. Ecco, se la Grecia dovesse cacciare la Germania a pedate fuori dagli europei di rigore e per giunta di rigore che non c’è sarebbe piccola e pallonara nemesi. Nota di cronaca: ci sono di nuovo i nazisti in Parlamento. Non in Germania, in Grecia.

Altro quarto di finale altra “Pig”, il Portogallo. Dopo un girone da incubo gli tocca una partita sulla carta abbordabile, con la Repubblica Ceca. Qui di significati geo-politici ce ne sono meno. Il paradosso è che ad oggi la Repubblica Ceca (uno stato che fino a qualche anno fa neppure esisteva) tra le due fa la parte della ricca. Il Portogallo gli oppone ricchezza di talento, almeno in attacco. Il giocatore più forte di tutti gli Europei ce l’hanno loro, e Cristiano Ronaldo “sveglio” può fare tutta la differenza del mondo.

Di significati da vendere ne ha invece il terzo quarto di finale, quello inatteso, tra Francia e Spagna. Inatteso non per le protagoniste, quanto per l’abbinamento. Contro le furie rosse ci si aspettava l’Inghilterra, in una partita dal vago sapore post-coloniale. Invece la Francia si è “suicidata” contro la Svezia e ora gli tocca la più forte del lotto, la Spagna. Ovvero un’altra Piig, il paese al centro dell’attacco economico all’Europa. Non che i francesi con le colonie non si siano dati da fare, anzi. Oggi, però, Francia contro Spagna è la partita di chi vuole un’Europa diversa da quella “tedesca” e rigorista contro chi in Europa vuole restarci a tutti i costi. Aiutante contro aiutato, se vogliamo. Certo, gli aiuti alle banche spagnole non sono esattamente solidarietà disinteressata. La Spagna non è la Grecia, né su un campo di calcio né a livello economico e finanziario. Quindi aiutarla giova al sistema. Aiutarla sul campo non gioverà alla Spagna, che sarà pure un paese “piig” ma è più forte. E nettamente favorita.

Infine l’ultimo quarto, il nostro. Quello dell’Italia che rischia un attacco della speculazione contro l’Inghilterra che guarda lo sfascio dell’euro con ostentato distacco, come se l’Europa non fosse esattamente una faccenda che la riguarda poi troppo. A noi, invece, ci riguarda e ci interessa. Ai quarti ci arriviamo quasi da miracolati. E in genere, quando succede così, in qualche modo arriviamo in fondo o quasi. Sarebbe il caso che ci “miracolasse” la speculazione: che scendesse un po’ lo spread, si allentasse la pressione sui mercati. E se proprio vogliamo chiedere un miracolo grosso, ci vorrebbe anche un filo di crescita economica. Non esattamente la specialità della casa. Poi c’è la partita: là non serve un miracolo. Serve fare il nostro e ricordare agli inglesi che il calcio non basta inventarlo per campare di rendita.