Facchetti, secondo giudice fece “lobbing su arbitri”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Settembre 2015 - 13:01 OLTRE 6 MESI FA
Luciano Moggi (foto Ansa)

Luciano Moggi (foto Ansa)

ROMA – Le telefonate tra Giacinto Facchetti e alcuni arbitri “costituiscono un elemento importante per qualificare una sorta di intervento di lobbing da parte dell’allora presidente dell’Inter nei confronti della classe arbitrale” e sono “significative di un rapporto di tipo amicale” e “preferenziale” con “vette non propriamente commendevoli”. Lo scrive, come riporta il Corriere dello Sport, il giudice Oscar Magi nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto l’ex dg della Juventus Luciano Moggi accusato di diffamazione nei confronti di Facchetti, morto nel 2006.

 Luciano Moggi, prosciolto lo scorso marzo per prescrizione dalla Cassazione nel processo sul caso Calciopoli, era accusato a Milano di diffamazione nei confronti della storica ‘bandiera’ nerazzurra per alcune affermazioni rese nella trasmissione tv ‘Notti magiche’ del 25 ottobre 2010. In particolare, Moggi nel programma parlò di “telefonate” di Facchetti relative alle “griglie” arbitrali e di una “richiesta” da parte dell’allora presidente nerazzurro “ad un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari”. Il processo, scaturito dalla querela presentata da Gianfelice Facchetti, uno dei figli di Giacinto e assistito dal legale Corrado Limentani, si è concluso lo scorso 15 luglio con l’assoluzione con formula piena di Moggi, mentre il pm Elio Ramondini aveva chiesto una condanna a 10 mila euro di multa.

Per il giudice della quarta sezione penale, Oscar Magi, le frasi pronunciate in tv da Moggi, assistito dall’avvocato Maurilio Prioreschi, “contenevano con certezza una buona veridicità, o comunque sono state pronunciate nella ragionevole opinione che contenessero una dose di verità, seppur anche putativa”. Non vi è dubbio, infatti, come scrive il magistrato, che “le intercettazioni telefoniche prodotte” dalla difesa Moggi e “recuperate dal processo di Napoli” danno conto di un “rapporto ‘preferenziale’ che il Facchetti manteneva con i designatori arbitrali dell’epoca, rapporto che è stato oggetto della richiesta di archiviazione del procuratore federale” Palazzi. L’allora procuratore federale, scrive il giudice, stigmatizzò “duramente” tali “evenienze probatorie” che “non sono sfociate in un provvedimento disciplinare per il solo fatto del decorso del termine prescrizionale”. Il giudice spiega di non volersi addentrare nell’ambito della “giustizia sportiva” e chiarisce che per questo processo “quello che è importante è che Moggi, nel citare le vicende della giustizia sportiva ed i comportamenti dell’allora Presidente Facchetti, ha riferito cose vere o comunque verosimili per il momento in cui sono state dette e per il modo in cui sono state pronunciate”. Moggi, scrive ancora il giudice, “a sua volta pesantemente coinvolto nelle vicende di illeciti sportivi ed anche penali, ‘chiama in causa’ il Facchetti sulla base di circostanze certamente non inventate, anche se certamente meno gravi delle sue”. Moggi ha, dunque, esercitato “un suo legittimo diritto di critica”, anche se non può ritenersi “che il comportamento di Facchetti possa in qualche modo essere accostato a quello di Moggi nell’ambito penale”.