Genova, le foto degli incidenti di Italia-Serbia: una partita giocata solo nel settore ospiti

Fumogeni, tensione altissima, provocazioni con atti, pensieri e parole verso gli italiani: questa è stata Italia-Serbia a Genova, una partita giocata solo nel settore ospiti occupato dai 1.600 ultras serbi.

Il match, valevole per la qualificazione agli europei, ha avuto sul campo di Marassi un solo protagonista, e non si è trattato né di Cassano né di Stankovic, ma di quello ormai noto come “l’ultras mascherato”: vestito tutto di nero, passamontagna compreso, e tutto tatuato, lo abbiamo visto per una ventina di minuti seduto a cavalcioni sulla vetrata di tre metri e mezzo che nell’impianto genovese separa i tifosi ospiti dalla gradinata nord.

Da questa “posizione privilegiata” e guadagnata chissà come, ha tagliato con un paio di cesoie la rete di protezione contro il lancio di oggetti e ha sfruttato il buco da lui creato per scagliare più di un bengala contro i tifosi italiani. Poi ha usato un altro fumogeno per bruciare una bandiera albanese, dopo averla fatta vedere bene, quasi a rivendicare un pretesto alla violenza che sarebbe dettato dalla vicenda del Kosovo che ha visto l’Italia (1999, governo D’Alema) fare da Stato-portaerei per il bombardamento della Nato sulla Serbia.

Gli ultras serbi hanno esposto anche uno striscione: “Kosovo è il cuore della Serbia”. Forse è proprio nel nazionalismo una delle ragioni di una così continuata e deliberata violenza da parte degli slavi arrivati a Genova: questa era, dal 1999, la prima partita giocata fra Italia e Serbia (priva del Montenegro) sul territorio italiano.

L’altra era quella di fare uno sgarbo (per motivazioni note solo ai balcanologi più esperti) alla federazione serba, creando disordini e facendo sospendere la partita: obiettivo raggiunto.

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