George Best: donne, calcio ed alcol

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Novembre 2015 - 19:52 OLTRE 6 MESI FA

MANCHESTER, INGHILTERRA – La leggenda di George Best dentro e fuori dal campo da calcio. Divorziato nel 1986 da “Angie” Angela MacDonald-Janes, con la quale aveva dato alla luce il figlio Calum, si risposò nel 1995 con Alex Pursey.

Ma la lista delle donne di George Best è lunghissima e difficilmente scrivibile. Resta celebre la frase di Best sull’argomento: “Ho avuto solo tre cose nella vita: il calcio, le donne, l’alcol”. Ne parla La Gazzetta dello Sport in un articolo a firma di Stefano Boldrini.

Le spoglie di George Best riposano nel cimitero di Belfast, nella tomba di famiglia, accanto al padre Richard scomparso nel 2008 e alla madre Annie, deceduta nel 1978. Domani, 25 novembre, sono invece 10 anni esatti dalla morte di George, uno dei più grandi calciatori della storia e sicuramente il britannico più talentuoso di sempre. Belfast non ha bisogno di ricordarlo perché Best è onnipresente nella capitale dell’Irlanda del Nord: l’aeroporto intitolato a lui, i murales in varie parti della città, la casa dove visse da bambino e in cui la sua stanza, con la finestra che dà verso il giardinetto interno, è un piccolo museo dove sono esposti borsa, magliette e fotografie. Anche il vicino di casa recita la sua parte: vende, come cimelio, le banconote (in edizione limitata) da 5 sterline emesse pochi giorni dopo la sua scomparsa e un funerale che portò nelle strade di Belfast migliaia di persone.

In questi giorni in cui ricorre il decennale della scomparsa di Best, il suo nome è tornato a circolare sui giornali. In un documentario rilanciato dal Sun, è stato rilevato che ad uccidere il fuoriclasse nordirlandese non sarebbe stato l’alcol, ma una micidiale overdose di pasticche anti-depressive. Il Daily Mail ha compiuto un viaggio a Belfast alla ricerca di quel che resta del calcio di Best. Il Mirror ha dato spazio alle dichiarazioni della prima moglie, Angie, secondo la quale la vita con George sarebbe stata “un inferno”, salvo poi aggiungere “ma l’ho amato tantissimo”. È stato riproposto il suo campionario di frasi famose, del quale esiste una letteratura specifica: “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcol. Sono stati i 20 minuti peggiori della mia vita”; “Io sono l’uomo del peccato, il paradiso non fa per me”; “Se non fossi stato così bello, non avreste mai sentito parlare di Pelé”; “Non so se è meglio segnare al Liverpool o andare a letto con Miss Mondo, per fortuna non ho dovuto scegliere”, fino alle celeberrima “Ho speso molti soldi in alcol, donne e macchine veloci. Il resto l’ho sperperato”.

In questa galleria c’è però una frase (“I sentimenti creano dipendenza… meglio l’alcol”), che è la strada migliore per uscire dalla retorica del ricordo e cercare di capire chi fosse George Best, attraverso le memorie di chi gli è stato vicino negli ultimi anni di vita. Calum Best, 34 anni, si arrangia tra talk show e le pubbliche relazioni, ma il suo vero lavoro è fare il figlio di George. Il suo libro Second Best: My Dad and Me è un ricordo amaro: “Non abbiamo avuto un buon rapporto. Papà era un vecchio nordirlandese che non sapeva come mostrare le sue emozioni. Mi abbracciò per la prima volta solo sul letto di morte”. Anche la ex moglie Angie non è stata tenera: “Quando era sobrio era l’uomo più dolce, più affettuoso, più spiritoso e più generoso del mondo, ma quando beveva, diventava violento, aggressivo, bugiardo, selvaggio. Calum ha conosciuto un padre quasi sempre ubriaco”.

Best ha trascorso gli ultimi anni nel quartiere Chelsea di Londra. Era il cliente abituale di un pub in Chelsea Manor Street, traversa di King’s Road. Il locale non esiste più: al suo posto, un condominio di lusso. Giorgio Burlò, 71 anni, è uno degli amici italiani di George: “Ci conoscemmo una sera in un night di King’s Road frequentato da calciatori, attori e cantanti: George, Robert De Niro, Eric Clapton e Woody Allen erano clienti abituali. Con Best ci incontravamo spesso al caffè Picasso, o in un ristorante vicino a Sloane Square. George era un uomo buono e generoso. Il problema è che tutte le persone che lo incontravano lo invitavano a bere o gli offrivano champagne. Io e altri amici italiani cercammo di allontanarlo dalla bottiglia, ma non c’è stato nulla da fare. La bottiglia è stata la sua compagna di vita. George veniva dalla working class, era una persona semplice. Ritrovarsi con le tasche piene a 17 anni alimentò i suoi vizi. Mi ripeteva spesso ‘la mia paga settimanale era mille sterline, quella dei miei amici 5. Sono cose che fanno perdere la testa’. Una volta gli chiesi perché non coltivava un hobby, lo avrebbe aiutato. Lui rispose: ‘I miei hobby sono l’alcol e le donne’. Gli ultimi anni non sono stati facili per George. Aveva sperperato il denaro. Cominciò a vendere i suoi ricordi. Una volta trovò una scatola dimenticata da qualche parte: era piena di medaglie e foto. Vendette tutto. Ho una foto con lui. Eravamo giovani. George sembrava un modello. Aveva un fascino incredibile”.

Cresciuto a Cregagh, quartiere di Belfast. Tifoso del Wolverhampton, lo squadrone inglese degli Anni 50. Scoperto da uno scout del Manchester United, Bob Bishop, che inviò questo telegramma a Busby, leggendario manager dello United: “Penso di aver scoperto un genio”. Il debutto a 17 anni nella First Division. La fama internazionale con una doppietta al Benfica nel ’66. La foto di Lisbona col sombrero che fece di lui il quinto Beatles. Lo United lasciato a 27 anni quando ormai l’alcol aveva iniziato a consumare il talento e una carriera agonizzante fino ai 37 per guadagnare gli ultimi soldi. Una biografia a cento all’ora, come la sua vita, icona degli anni 60, forse l’epoca più bella di sempre. A Celia Waldem, autrice di un libro contestato dalla famiglia Best, Babysitting, George, l’ex campione disse: “L’unico posto nel quale mi sono sentito a mio agio è stato il campo da calcio. Quando firmai il contratto con lo United non mi sembrava vero che mi pagassero per fare la cosa che amavo. I media mi tartassavano. Mi chiedevano qualsiasi opinione: sulla politica, sulla musica, sul cibo. Ma io ho avuto solo tre cose nella vita: il calcio, le donne, l’alcol”. Finito il calcio, rimasero donne e alcol. E quando ormai il bere stava consumando il fisico, non restò che l’alcol. L’unico vero amico di un uomo conosciuto in tutto il mondo, ma alla fine, solitario e, soprattutto, solo.