ROMA – La dinastia dei Maldini. Dopo Cesare e Paolo, un altro Maldini – Christian – è pronto ad affacciarsi al grande calcio dopo l’esordio con gol tra le fila del Milan Primavera contro il Perugia. Molto bene anche il più piccolo della comitiva – Daniel – a segno nella categoria Giovanissimi.
Ne parla La Gazzetta dello Sport in un articolo a firma di Andrea Schianchi.
“Questa è una storia di fa miglia che nasce ai confini dell’Italia, al tempo dei Balilla e delle «adunate oceaniche», e arriva fino a noi portandosi dietro quel soffio di ottimismo di cui c’è tanto bisogno in un momento di crisi. E’ la saga dei Maldini, tre generazioni dedicate al calcio: Cesare, Paolo e i figli Christian e Daniel.
Una vita intera racchiusa in un rettangolo verde, le linee bianche a delimitare lo spazio, emozioni che s’intrecciano e diventano gioia, passione, a volte anche dolore. Sulle tri bune dello stadio si alternano i personaggi della dinastia, a osser vare con occhi trepidanti i ragazzi che, di volta in volta, laggiù nel campo, corrono dietro al pallone.È un racconto lungo che parte dal cortile del «ricreatorio» di Servola, rione di Trieste, dove Cesare piantava quattro pali nella terra e trasformava il campo da basket in uno da calcio, e lì passava ore e ore a tirare pedate al pallone.
E dall’estremo oriente d’Italia questa storia arriva a Milano, nel periodo del boom economico, e attraversa un periodo di sessant’anni: dal 1954 al 2014 c’è sempre stato almeno un Maldini tesserato con il Milan.
E ora che i due ragazzini, Christian e Daniel, il primo con la Primavera e il secondo con i Giovanissimi, scelgono lo stesso giorno per fare gol, non si può non utilizzare la parola «favola».
Perché di favola si tratta, e lo si capisce anche ascoltando la reazione al telefono di nonno Cesare: «Davvero due Maldini hanno segnato? Non ci posso credere, è una notizia meravi gliosa. Noi di solito giochiamo per evitare che i gol li facciano gli avversari, invece adesso la buttiamo anche dentro… E’ il segno dei tempi che cambia no…».
Lui, il patriarca, segue i nipoti con discrezione: non dà consigli, non mette becco nelle loro decisioni, si tiene in disparte. Uno spettatore interessato, ma non invadente. Come de v’essere un nonno, anche se si chiama Cesare Maldini e se è stato il primo italiano ad alzare la Coppa dei Campioni, 22 maggio 1963, stadio Wembley di Londra, MilanBenfica 2-1.
Il passato non deve essere un peso insopportabile per chi si sta costruendo un futuro: guai a mettere pressione, guai a pretendere la luna, guai a dire «Fai come me!». Quanti figli di padri illustri si sono persi alla ricerca di un’impossibile imitazione.
E quanti figli hanno maledetto i loro padri illustri, perché a portare quel cognome proprio non ci riuscivano, troppo deboli per non farsi schiacciare. I Maldini non hanno corso questo rischio, merito del patriarca che con saggezza ha messo figlio e nipo ti sulla strada, ha insegnato loro a stare in piedi e poi li ha lasciati camminare da soli.
C’è una frase pronunciata recentemente da Paolo che è lo specchio di uno stile.
«Dagli anni Cinquanta a oggi c’è sempre stato un Maldini al Milan. Essere capitano dopo mio papà è stato un onore nella mia vita, ci tenevo a farlo. E ora sono orgoglioso di avere due figli che indossano la maglia rossonera».Non dice di più, non preve de una carriera come la sua per Christian e Daniel, sa quante trappole si nascondono lungo il sentiero, e sa che chiamarsi Maldini, nel mondo del pallone, non è semplice.
I confronti, i paragoni, le inevitabili smorfie di chi ricorda Paolo, o addirittura Cesare, e dice che quei ragazzi di oggi ne devono mangiare di polvere prima di arrivare a q u e i l i v e l l i .
L’ i m p o r t a n t e , però, è non fermarsi ad ascoltare. Secondo la regola suggerita da Virgilio al Poeta, «non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Paolo segue i figli, fa da tassista, li porta agli allenamenti, osserva con attenzione le partite, ma non si lascia scappare un com mento.
Se Daniel gioca da attaccante e così può dribblare gli inevitabili paragoni con il padre, per Christian la situazione rischia di essere imbarazzante: è un difensore, proprio come Paolo.
Chissà che cosa si dirà al primo errore, quante critiche e, inevitabilmente, quante malignità! Pensate che a nessuno venga in mente di definirlo «raccomandato»? Paolo lo pro tegge dagli spifferi e dalle catti verie e, come racconta nonno Cesare, si preoccupa prima di tutto dello studio.
Certo, sarebbe un sogno ve derli con la ma glia rossonera addosso in una , partita di Serie A, o addirittura in una notte di C h a m p i o n s Christian e Daniel, la coppa d a l l e g r a n d orecchie, l’hanno già alzata due volte:
nel 2003 a Manchester e nel 2007 ad Atene. Forse adesso è venuto il loro momento O meglio: sta per arrivare.
Paolo aspetta e osserva nell’ombra, nonno Cesare pure. Il pal coscenico è dei giovani, il passa to è soltanto il tempo dei ricordi e i Maldini, da sempre, alla reto rica della memoria preferisco no i successi della realtà”.