Margaret Thatcher: il calcio inglese dice no al minuto di silenzio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2013 - 20:24| Aggiornato il 30 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

LONDRA – Per i primi ministri che sono venuti prima e dopo di lei è sempre stato un formidabile veicolo di consenso, ma Margaret Thatcher era diversa anche nella sua visione del calcio: mai amato, al contrario visto con sospetto e antipatia. Non sorprende dunque la scelta della Football Federation di non prevedere un minuto di silenzio onorarne la memoria il prossimo fine settimana in occasione delle partite della Premier League. Il rischio di contestazioni da parte di tifosi di ogni colore appariva troppo alto. D’altronde l’insofferenza del mondo del calcio verso la Lady di Ferro era pari solo alla durezza che quest’ultima usò per combattere gli hooligan.

L’avvio del suo premierato coincide con il periodo più nero del football d’Oltremanica, caratterizzato da continui e cruenti scontri, fuori e dentro gli stadi. Gli impianti vecchi e fatiscenti, le intemperanze dei tifosi e le responsabilità della polizia causano morti. I 56 registrati dopo l’incendio di Bradford, i 96 a Hillsborough. Ma è all’indomani della tragedia dell’Heysel (25 aprile 1985) che la Thatcher con un gesto senza precedenti ritira a tempo indeterminato i club inglesi dalle competizioni europee. La Football Association non può che adeguarsi – a denti stretti – al volere dell’Iron Lady, in quel momento ai massimi di popolarità.

L’auto-isolamento durerà fino al 1990. Nel frattempo la più severa legislazione in materia inizierà a mettere al bando gli hooligan, imponendo anche drastiche ristrutturazioni agli stadi che offriranno le condizioni per la nascita della ricca e telegenica Premier League. Il calcio riformato ha però una nuova identità, non più espressione delle classi popolari ma della borghesia rampante dei primi anni ’90. Esplodono i prezzi dei biglietti, impazza il merchandising, si scatenano le aste per i diritti tv, conseguenza di una iper-commercializzazione che trasforma il “giocattolo” in una vorace macchina da soldi che attira i capitali di magnati e nuovi ricchi di mezzo mondo. Mentre gli stadi dell’isola diventano teatri composti e ordinati, dai quali resta emarginata la working class. Un po’ quello che ora si vuole fare in Italia con la tessera del tifoso.

A distanza di 20 anni i vecchi tifosi non riescono ancora a perdonare la Iron Lady per averli privati del loro pallone il sabato pomeriggio. Meglio allora soprassedere con le commemorazioni, salvo iniziative di singoli club: negli stadi inglesi, ieri come oggi, il ricordo della Baronessa Thatcher non divide ma unisce nell’impopolarità. Come insegna il coro “When Maggie Thatcher dies”, che i tifosi del Liverpool le dedicano da anni, trovando spesso complicità nelle curve avversarie.