Mondiali, tifano anche gli alpini in Afghanistan. E cantano l’Inno

Pubblicato il 15 Giugno 2010 - 00:34 OLTRE 6 MESI FA

A una cosa ci tenevano, gli alpini d’Afghanistan. Volevano, certo, che Cannavaro e compagni portassero a casa questa prima partita dei campionati del mondo – e c’è delusione perché era un match “assolutamente da vincere” – ma agli azzurri chiedevano anche che ci dessero sotto in quel minuto iniziale, che per questi ragazzi lontani da casa ha un significato importante. “Cantatelo forte l’Inno d’Italia”.

Su questo, non li hanno delusi. Davanti al maxi-schermo della sala polivalente di Camp Arena, Herat, si sono abbracciati tutti al momento dell’Inno e l’hanno cantato forte. Ma questo lo sapevamo, lo fanno sempre.

Però anche la Nazionale stavolta si è fatta sentire. Scorrevano le facce e tutti cantavano. “Bene così, la partita comincia bene”, dice un caporale, stanco, sudato, appena smontato da una pattuglia.

Per il resto, tifo da stadio. La grande base italiana come ogni notte è oscurata per colpa dei razzi che qualcuno si ostina a tirare, e fuori è silenzio assoluto, ma la grande sala – dove la domenica il cappellano dice la messa – sembra il Bar Sport.

Tutti in mimetica, il solo ‘vestito’ che hanno, lo scudetto dell’Italia sull’avambraccio sinistro, i militari italiani hanno sofferto, urlato, applaudito, imprecato, gioito, proprio come se fossero a casa loro – a un giorno d’aereo da qui – con le loro famiglie, le mogli, le fidanzate o gli amici.

Sconforto al gol del Paraguay, un boato al pareggio di Daniele De Rossi e tante emozioni per le diverse occasioni sprecate della ripresa. “Era una partita da vincere e francamente meritavamo di più. Peccato”, dice il maresciallo Rodolfo Pieri.

“Dispiace – aggiunge Antonio Falco, pure lui maresciallo – perché l’Italia ha giocato bene, ma ha subito un gol sfortunato e la partita è diventata tutta in salita”. “Non c’è niente da fare, la Nazionale fa soffrire sempre”, allarga le braccia il caporal maggiore scelto Antonio Ferrara. “Secondo me – dice – non ci hanno creduto”.

Il primo caporal maggiore Massimiliano Morgano, invece, assolve gli azzurri. “Hanno giocato abbastanza bene, per essere la prima partita. Eravamo molto più forti, dovevamo vincere. Siamo stati anche un po’ sfortunati”.

Come sempre, c’è poi chi recrimina – quello che parla di “una formazione che manca di fantasia”, quello che se la prende con Lippi per l’esclusione della rosa di Balotelli e Cassano, entrambi molto popolari da queste parti – ma in genere viene riconosciuto ai giocatori scesi in campo di avercela messa tutta. “Peccato”, è il commento più gettonato.

Naturalmente, solo una piccola parte dei 3.300 militari italiani in Afghanistan ha potuto guardare la nazionale pareggiare col Paraguay: il calcio d’inizio è stato dato quando qui erano le 23 e questo è stato il primo ostacolo a una visione di massa. Ma, soprattutto, molti hanno trascorso la notte in pattuglia o in ‘posti di osservazione’, come a Shindand (dove su una gru è stato issato un enorme tricolore 9 metri per 3), o peggio ancora nelle trincee scavate nelle montagne, a Bala Morghab. Lì non c’è niente, figuriamoci la tv. Ma il risultato, almeno quello, glielo hanno comunicato via radio.