Mondiali: delusione Francia e assedio a Domenech, ct e personaggio ad ogni costo

Pubblicato il 18 Giugno 2010 - 20:04 OLTRE 6 MESI FA

Tutti contro Raymond Domenech, la sua faccia impenetrabile e le sue giacche con le spalle troppo larghe, le sue rispostacce da far impallidire Mourinho e la sua capacità di unire tutti contro di lui. Toglierà il disturbo tra 90′, a meno di colpi di scena, forse tornerà a calcare le scene.

GiàAdesso dovrebbe interpretare un personaggio che per lui è proprio da teatro dell’assurdo, un giornalista. Non riesce a capire, Raymond Domenech, 58 anni vissuti in trincea, perché mai i francesi non lo amino nonostante abbia raccolto i cocci di una Nazionale disastrata agli Europei 2004 e l’abbia portata in finale dei Mondiali di Germania 2006, certamente facendola giocare molto bene con Spagna, Brasile e soprattutto in finale contro l’Italia, dove fu tradito dal rigore di Trezeguet.

Per non parlare di quel gesto di follia di Zidane contro Materazzi, colto da una telecamera e non dall’arbitro. La Federazione lo confermò e lui – che si era comunque avvalso dei ritorni in squadra di Zidane, Thuram e Makelele – si ritrovò senza campioni a preparare l’Euro 2008.

Fu un mezzo fallimento, soprattutto dal punto di vista dell’immagine, con i Bleus arroccati in un ritiro svizzero dove pioveva sempre e con il tormentone di Vieira infortunato. Lui, che non ha mai rilasciato una dichiarazione scontata o accondiscendente, dopo essere stato eliminato dagli acerrimi avversari azzurri – contro i quali ha combattuto fin dai tempi dell’Under 21 (il nemico giurato era Cesare Maldini) – sorprese di nuovo tutti. Non con una disamina tecnica controcorrente, ma con una dichiarazione d’amore per la sua Estelle.

La Francia si paralizzò e dopo un attimo si sentì ridicola nell’ascoltare l’ometto che, davanti a tutto il mondo, affermava: “Estelle, ti amo”. Un gesto che nessuno aveva mai fatto e nessuno mai riprodurrà, una serenata dallo spogliatoio della sconfitta, una dichiarazione d’amore assoluto.

Ovviamente nessuno si commosse, come recita lo slogan pubblicitario di France Football: ‘Quand on parle de foot, on parle de foot’, quando si parla di calcio si parla di calcio. Da lì, la parabola di Domenech prese a inabissarsi: lui sentì di essere un personaggio anche al di là dell’incomunicabilità di Ionesco che aveva portato in scena.

La Federazione gli fece un regalo avvelenato, non se ne separò come sarebbe stato logico, ma gli affidò il cosiddetto nuovo corso, quello senza più i campioni e con qualche giocatore al di sotto della media, soprattutto in difesa. Caparbiamente, il ct andò avanti partita dopo partita, soffrendo pure con le Isole Faeroer, collezionando figuracce contro tutti e assistendo impotente al tramonto definitivo degli ultimi due campioni del mondo che gli restavano, Vieira e Henry.

La partita vinta contro l’Irlanda con il fallo di mano di Thierry Henry, che privò i verdi di Trapattoni del Mondiale e ci spedì i Bleus in condizioni pietose, fu il suggello e la sintesi di un nonsenso: si va avanti senza meritare, senza simpatia, senza tifosi, senza gioco, nell’assoluta impopolarità e faticando il doppio perché il vento tira sempre contro.

Ed eccolo arrivato al suo secondo Mondiale, il ct che fu indagato a Usa 94 per aver rivenduto biglietti gratis della Federazione, l’uomo che accusò l’Under 21 italiana di aver comprato l’arbitro per qualificarsi alle Olimpiadi di Sydney 2000, quello troppo antipatico per essere vero.

Al passo d’addio, porta con sé il ricordo di quel rigore di Trezeguet che gli avrebbe cambiato la vita, la certezza di essere stato l’unico ct a guidare la Francia in tre grandi competizioni consecutive e, se vincerà contro il Sudafrica, il record di vittorie assoluto sulla panchina dei Bleus, più di Michel Hidalgo.

Piccoli trofei di un grande antipatico, da mostrare davanti al caminetto a Victoire e Merlin, i bambini che ha avuto dalla sua Estelle da quando, nel 2004, cominciò la sua cavalcata controcorrente in Nazionale.