L’Italia dei fuori ruolo, Iaquinta: “Ma se lo dico a Lippi mi caccia”

Pubblicato il 4 Giugno 2010 - 16:22 OLTRE 6 MESI FA

Vincenzo Iaquinta

In attesa di capire che Italia sarà, una piccola certezza a 10 giorni dal debutto ai Mondiali col Paraguay c’é: quella azzurra è una nazionale di fuori ruolo. E’ tutto da vedere con quante possibilità di far cambiare idea a Marcello Lippi, che nei due anni precedenti il Mondiale ha dovuto già invertire molte rotte.

Cannavaro, Buffon, Gattuso sono i veterani più vicini al ct, le loro parole e i loro pareri contano eccome, nel caso si dovesse rapidamente riavvolgere il nastro e ridare semplicità al tutto dopo il ko col Messico.

Nessuno ci sta a fare brutte figure; «se dobbiamo abdicare, facciamolo a testa alta», aveva detto il portiere alcuni giorni fa.

Ma il tempo per correre ai ripari è oggettivamente poco. Del disagio dei fuori ruolo dà però conto Iaquinta, all’indomani della serataccia di Bruxelles: «Io non sono adatto a difendere, sono più propenso ad attaccare – spiega l’attaccante, emblema dei giocatori in posizione anomala – gioco meglio a sinistra perché di lì taglio e tiro. Me lo ha detto anche Lippi, però mi chiede di sacrificarmi a destra e in copertura, io lo faccio. Cosa dobbiamo fare, andare dal mister e chiedere di cambiare? Se ci vado e dico, mister voglio giocare lì, mi caccia dalla nazionale….».

Il fatto è che Iaquinta non è il solo, in questa idea di Italia spuntata fuori all’improvviso, a vestire panni non suoi. «Anche Marchisio gioca in una posizione mai ricoperta – aggiunge l’attaccante – E chiedere a Di Natale di fare il terzino come fa Eto’o non è facile. Lui nell’Udinese gioca a sinistra, taglia riceve palla e fa gol. Ma cosa dobbiamo fare? Non possiamo esser noi a dire a Lippi di cambiare».

A dire il vero qualche segnale dallo spogliatoio di Bruxelles («idee chiare su che Italia sarà? Non spetta a noi, l’idea chiara deve averla Lippi», ha detto Buffon). E poi anche un azzurro della generazione di mezzo come Palombo sottolinea che «quando si fanno tante cose e nessuna bene, c’é qualcosa che non va: ora dobbiamo trovare la quadra».

Il peso della preparazione fisica è una spiegazione a metà. Anche Iaquinta assicura che la figuraccia di Bruxelles non può fare testo. «C’era confusione – ricorda – ma a questo modulo crediamo. La differenza di brillantezza fisica era troppa per poter giudicare. Loro erano velocissimi, noi arrancavamo dopo dieci ore di allenamenti in quota, un viaggio di 4 ore da Sestriere e neanche un po’ di riposo. Ricordate, partiamo sempre sfavoriti e poi andiamo lontano. Ora conta solo la partita col Paraguay, il 14 giugno: modulo e assetto possono essere un problema, ma decide Lippi come affrontarla».