Osvaldo: “Calcio mondo senza passione, meglio una birra dei soldi della Cina”
BUENOS AIRES (ARGENTINA) – Daniel Pablo Osvaldo è tornato a parlare del mondo del calcio. L’ex attaccante di Roma, Juventus e Inter è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport con Francesco Fontana.
Ecco alcuni passaggi dell’intervista a Osvaldo.
«Al Boca. Troppo gossip, non potevo uscire di casa. Avevo paura della gente, non ce la facevo più».Ma le offerte non mancavano…
«Cina e club da Champions, ma avevo staccato. Iniziavo a odiare ciò che avevo sempre amato. E al denaro preferisco l’asado e una bella birra».
Non è troppo duro?
«Tutt’altro, sono onesto. Non esiste giocare solo per soldi. Il calcio merita rispetto, non avrei mai potuto tradirlo».
E se la chiamassero ora?
«Vuole ridere? A dicembre 2016 mi contatta Sampaoli, all’epoca al Siviglia: ‘Dani, non ti chiedo nulla. Fai ciò che vuoi in campo e fuori, ma mi serve una punta’. ‘Mister, ma c’è il ‘Cosquín Rock’ (festival musicale argentino, ndr)’. Lui: ‘Vero, dimenticavo! Vai pure, di certo non puoi perderlo’. Due pazzi».
In carriera più amici o nemici?
«Non saprei, ma di persone che non hanno voluto il mio bene ne ho incontrate. Mi riferisco al signor Prandelli, che mi escluse da Brasile 2014 dopo i gol nelle qualificazioni. Ascoltò media e pubblico che non volevano l’argentino con la numero 10. E quindi portò Cassano. Ero frustrato, ma nulla contro Antonio».
Pace fatta con Lamela?
«Ma certo… Uno scontro subito risolto, ma i media fecero casino. Ragazzo d’oro, lo abbraccerei».
E con Mancini?
«Gli tirai un cazzotto dopo Juve-Inter del 2015. ‘Vuoi fare a botte?’. Lui: ‘Ma non dirmelo davanti a tutti’. Se non mi avesse cacciato avrebbe perso autorevolezza agli occhi degli altri. Poi andai nel suo ufficio di Appiano piangendo, mi vergognavo. È un grande, anche lui con un bel carattere».
«Un normale ‘vaffa’. È fortissimo, spero possa segnare tanto anche in nazionale. Contano solo i gol, non la sua vita privata».
L’Inter è un rammarico?
«No. Dopo andai al Boca, un sogno».
All’Espanyol il periodo più bello?
«Insieme a quello di Roma».
Le persone più importanti?
«La famiglia, gli amici e il mio agente Decoud».
Chi sceglie tra gli allenatori?
«Pochettino un top, ma Conte è il migliore: faceva sentire tutti importanti. Ti catturava con il suo modo di fare. Poi Zeman. Diverso, meno sanguigno e più boemo, ma grandissimo. Mi ricorda tanto Menotti».
«Certo, per me De Rossi è un fratello. Amico vero, persona eccezionale».
Lei e Balotelli siete simili?
«Ne ha combinate più di me! Ci conosciamo dai tempi dell’Under-21, gli voglio bene».
E Totti?
«Mi levo il cappello, ha fatto la storia del calcio italiano e mondiale. Ragazzo fantastico, fa morire dal ridere».
Più di Cassano?
«No, Antonio resta irraggiungibile! Ma non paragonateci, io sono molto più tranquillo».
Dice di aver avuto 6-700 donne.
«Allora mi distrugge! Io sono un po’ strano… Per me l’intelligenza conta più della bellezza».
Le piacciono i social?
«Oggi la prima cosa che i giocatori fanno rientrando negli spogliatoi è guardare il cellulare. Non esiste. Purtroppo è il mondo attuale che va così».
Ha mai visto il doping?
«Prima c’era, ma la nostra generazione è più controllata».
E l’omosessualità?
«I gay ci sono, ma hanno paura del coming out. Il calcio non è pronto, verrebbero distrutti».
Oggi che uomo è Osvaldo?
«Sono cresciuto in fretta, padre giovanissimo. Oggi, invece, sono un uomo maturo e presente per i miei figli. Quando mi vedono impazziscono».
Cosa direbbe a un bimbo di 6 anni che sogna con un pallone tra i piedi?
«Divertiti, evita le persone cattive e tutto lo sporco che c’è attorno».