TORINO – Andrea Pirlo, uno dei simboli della Juventus campione d’Italia e della Nazionale azzurra, si confessa in esclusiva a La Stampa. Il centrocampista bianconero spiega come da bambino altro non desiderava “che diventare un campione di calcio” anche se suo padre era proprietario di un’azienda siderurgica.
Sicuramente il più forte centrocampista in Italia, e probabilmente uno dei più forti nel mondo, Pirlo spiega uno dei suoi colpi preferiti, il calcio di punizione: “Era tanto che non la calciavo così (in Juve-Atalanta, ndr). Quand’ero ragazzo ho giocato due anni con Baggio, nel Brescia, persona magnifica, grandissimo calciatore. L’ho osservato da vicino. In quel periodo in edicola si trovava una serie di cassette video sui “numeri 10”. Io guardavo Zico, Maradona..Per la Maledetta ho osservato molto il brasiliano Juninho: colpiva in centro con le dita del piede, la palla non girava nemmeno ma prendeva una traiettoria imprevedibile”.
Poi torna sul sogno che aveva da bimbo, di essere un calciatore: “Ma io fin da bambino non ho mai desiderato altro che di giocare a calcio. Mio padre adesso allo stadio non ci viene, ma quand’ero ragazzo sì, anche se si teneva ben lontano dalle tribune perché non sopportava le cazzate che dicevano gli altri genitori. Io volevo giocare in mezzo al campo, volevo essere libero di andare a prendere la palla dappertutto, mi piaceva mettere gli altri in condizione di far gol, mettere gli altri soli davanti al portiere. E’ vero che chiedo sempre la palla ai compagni. Sì, vorrei averla sempre io”.
Pirlo racconta i sacrifici fatti per arrivare a certi livelli nel calcio: “Per giocare mi sono perso un pezzo di vita, la maggior parte della mia esistenza l’ho passata negli alberghi e sui campi. Quand’ero ragazzo i miei amici uscivano la sera mentre io dovevo andare a letto presto…per ora mi diverto e finché mi diverto non c’è problema“.
Infine racconta la sua vita, assolutamente normale. Non è un fanatico di computer o videogiochi, i giornali li legge al mattino qui al bar. Gli amici sono i compagni di squadra. Con Matri condivide la camera d’albergo nei ritiri. Poi Marchisio, Giaccherini, Barzagli “quelli che hanno famiglia”. La musica gli piace, ma non pare troppo. Ma ce n’è una che ascolta in modo particolare quando entra allo stadio per la partita e come ogni giocatore si chiude nel proprio mondo sonoro? “Sì, Ligabue, una vita da mediano”.
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