Raggi-Roma divorzio sullo stadio: cori, cortei e radio…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Febbraio 2017 - 10:29 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tifosi romanisti in rivolta per la vicenda del nuovo stadio della Roma. Prima i cori (irriferibili) contro la Raggi e Grillo piovuti ieri sera all’Olimpico prima del match tra la Roma e il Villarreal. Cori probabilmente fatti da molti che la Raggi l’hanno votata sindaca. Poi, oggi, nella giornata dell’incontro fissato alle ore 17 tra il Campidoglio e i proponenti del progetto dell’impianto sportivo a Tor di Valle, i supporter giallorossi si sono dati appuntamento (ore 11) per una manifestazione sotto Palazzo Senatorio. Il divorzio dei tifosi della Roma dalla sindaca Raggi è ormai inevitabile.

Il malcontento dei tifosi romanisti si è diffuso a macchia d’olio tra social e radio, tantissime a Roma, inevitabile dopo la bocciatura dello stadio da parte di Grillo. Un “no” pesantissimo giustificato da un presunto rischio idrogeologico, un’autentica doccia fredda per società e tifosi: “Diciamo di sì allo stadio, ma da qualche parte, perché c’è un rischio idrogeologico”. Dichiarazioni che hanno scatenato la reazione del presidente del club giallorosso, l’americano James Pallotta, che in un tweet ha parlato di rischio catastrofe se la trattativa con il Campidoglio per la realizzazione dello stadio dovesse naufragare. Mancato stadio quindi come causa del divorzio tra i tifosi della Roma e la Raggi.

Lo stadio della Roma, con tutte le problematiche connesse all’iter per il definitivo via libera ai lavori, mette d’accordo Pallotta e il presidente dell’Uefa, Ceferin, nel caso in cui dovesse arrivare una fumata nera (“Se salta è un disastro per il calcio italiano”, le parole del n.1 del calcio europeo). Punti di vista simili, ma con presupposti differenti: Ceferin è interessato più che altro allo sviluppo delle infrastrutture in Italia, mentre per il tycoon di Boston un eventuale ‘no’ da parte del Comune alla costruzione dell’impianto metterebbe in discussione in toto i progetti finanziari immaginati sin dal primo giorno in cui ha rilevato il club di Trigoria.

Lo scenario peggiore per la Roma, ovviamente, sarebbe quello di una rottura totale con il Movimento 5 Stelle e di un addio allo stadio. In quel caso, Pallotta potrebbe rifarsi con una causa da 1 miliardo di euro – anche perché da quando l’iter è partito sono stati già sottoscritti contratti di finanziamento (in particolare con la banca d’affari Goldman Sachs) e stipulati accordi a lungo termine (col colosso mondiale Aeg) per i servizi relativi alla gestione, alla programmazione e all’operatività del nuovo stadio – e decidere di rivedere il suo impegno nel club.

A paventare un clamoroso addio, senza troppi giri di parole, è direttamente Luciano Spalletti. “Pallotta è uno che viene a investire da un altro paese, a migliorarlo, a creare presupposti di crescita. Secondo me c’è anche da aspettarsi che prenda e che vada via. Poi ci si accorgerà dopo di quello che abbiamo perso” sottolinea il tecnico, lanciando anche un interrogativo: “A vederla così ci sono cose che non riesco a capire. Mi viene difficile pensare che sia così dura trovarsi d’accordo per una cosa da cui ne trarranno tutti beneficio. A volte viene il dubbio: chi ha interesse a non farlo fare?”.

Di certo, è difficile pensare che Pallotta continui ad attingere ai fondi personali per far fronte alle esigenze di cassa della Roma (finora ha già versato 78 milioni di euro). L’alternativa al metter mano al portafogli ci sarebbe: continuare a vendere i pezzi pregiati della squadra realizzando quelle plusvalenze necessarie a far quadrare i conti. Oppure ricapitalizzare, cedendo una parte delle quote a un nuovo socio.