Ritratto di Thomas Hitzlsperger, calciatore, gay dichiarato e intellettuale

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 10 Gennaio 2014 - 07:54 OLTRE 6 MESI FA
Ritratto di Thomas Hitzlsperger, calciatore,  gay dichiarato e intellettuale

Thomas Hitzlsperger (foto Lapresse)

BERLINO – Una notizia che in un mondo più decente dovrebbe essere banale – un giocatore di calcio afferma di essere gay – invece fa il giro del mondo. Dal sito dello Zeit, il settimanale che annuncia la pubblicazione dell’intervista-dichiarazione di Thomas Hitzlsperger, la notizia si diffonde dapprima in tutta la Germania, poi in tutta Europa grazie al tam-tam mediatico ed alle reti sociali. Perfino la politica si scomoda per celebrare l’evento. Angela Merkel fa esprimere al portavoce la sua profonda soddisfazione: «Viviamo in un paese in cui nessuno deve avere paura di dichiarare la propria sessualità solo per timore dell’intolleranza».

Ma che tipo è questo Hitzlsperger? Molti hanno ricordato, come prevedibile, la sua carriera calcistica, passata anche per l’Italia: i suoi anni giovanili al Bayern, le stagioni in Premier League, la Serie A con la Lazio, il ritorno in Germania, le molte partita con la Mannschaft tedesca.

Pochi hanno però ricordato un altro aspetto di questo calciatore . Hitzlsperger, ormai ritiratosi dallo sport professionista, non è mai stato un calciatore tipico, sempre lontano da quell’immagine un po’ semplice, e a volte volgare, di calciatore diffusa nei media.

Calciatore ma anche giornalista, e non in un giornale qualunque. Il prestigioso settimanale Die Zeit, edito tra l’altro da una personalità del calibro dell’ex cancelliere Helmut Schmidt, non ha solo intervistato l’ex calciatore. L’ha anche assunto. Dal 2009, il calciatore è editorialista per Zeit online, scrivendo su soggetti che riguardano il calcio ma anche su temi sociali. Nei suoi ultimi interventi aveva parlato di doping, degli stipendi elevati dei professionisti e, anche, dell’omosessualità nel calcio.

Un suo collega Steffen Dobbert, incaricato di seguire lo sport per il settimanale, ha parlato di lui in almeno due articoli-ritratto. Hitzlsperger, pur nato in una generazione avvezza alle raffinate perversioni del mercato e della pubblicità, è uno dei pochissimi calciatori a non aver avuto ricorso ad un manager o un addetto stampa durante tutta la sua carriera.

Un ragazzo semplice, inoltre, diversamente da tanti suoi colleghi. Lo stesso Dobbert in un articolo apparso anni prima, aveva evocato la macchina di Hitzlsperger, non per quell’estrosa megalomania tipica di tanti calciatori (come non farsi venire in mente la batmobile di Balotelli?) ma per la sua «straordinaria» semplicità. Ci sono mondi, come il calcio, in cui la normalità diventa l’eccezione.

E poi il giocatore viene descritto così: «E sì, possiamo dirlo anche così semplicemente. Era uno dei pochi giocatori che aveva letto sicuramente più libri di quanti ne avesse letti il giornalista che voleva intervistarlo». Spesso la gente lo incontrava in libreria e gli chiedeva cosa facesse. Impossibile convincerli che fosse lì per comprarsi da leggere, tanto la società è abituata ad un mondo del calcio votato all’incultura.

Quest’amore per la cultura ogni tanto li ha reso qualche disservizio. Non ha mai amato, infatti, l’etichetta che qualche lettore del giornale gli affibbiava tra i commenti: il “calciatore intellettuale” o il “professore”. Da oggi Hitzlsperger non sarà ricordato più per le sue letture, esempio raro nella sua professione, né per i suoi match, ma per il suo orientamento sessuale e, soprattutto, per il suo coraggio in un mondo professionale e commerciale, quello del calcio professionista, ancora intollerante.