Roma-Dundee, Riccardo Viola: “Soldi a intermediario per arbitro”

Pubblicato il 18 Marzo 2011 - 10:00| Aggiornato il 18 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA- ”Che la Roma abbia dato ad un intermediario 100 milioni per l’arbitro Vautrot è vero ed è un fatto vergognoso: però voglio ricordare che lo scandalo lo fece uscire Dino Viola per smascherare il colpevole e la Cupola del calcio. Una denuncia, insomma”.

A dirlo, parlando da testimone oculare della vicenda, è Riccardo Viola, figlio del presidente della Roma Dino Viola, che ai microfoni di Mediaset Premium, rievoca lo scandalo legato a Roma-Dundee del 25 aprile 1984, semifinale di Coppa dei Campioni, con i giallorossi che rimontarono lo 0-2 dell’andata, vincendo per 3-0 e qualificandosi per la finale di Roma poi persa ai rigori contro il Liverpool.

Nel 1986 la Corte Federale assolse tutti i protagonisti di quello scandalo, ma solo per sopraggiunta prescrizione e specificando di ”aver riscontrato un comportamento gravemente censurabile messo in opera dall’ingegner Viola: non può quindi dichiarare caduta l’incolpazione contestata ai signori Landini e Viola in merito al passaggio della somma di 100 milioni”.

Per la prima volta dopo 27 anni, Riccardo Viola, a quei tempi dirigente giallorosso nella societa’ presieduta dal padre, ricorda quel che successe nei giorni precedenti la partita. ”Arriva il signor Landini, dirigente del Genoa, parla con mio padre – racconta Viola junior – e gli dice: Vautrot è un amico e attraverso un altro mio amico si può arrivare a lui. Ma bisogna dare all’arbitro 100 milioni. Noi rispondiamo: che sicurezza abbiamo che Vautrot prenda questi soldi?”.

”Ci si accorda per un segnale convenzionale che avvenga, sotto gli occhi di tutti, durante un incontro, alla vigilia del match – continua Riccardo Viola -. Noi organizziamo una cena con l’arbitro e chiediamo un segnale che effettivamente dimostri che qualcosa di vero in tutto questo c’è. Nel corso della cena arriva un cameriere che si rivolge all’arbitro e dice: ‘Il signor Vautrot al telefono’. Quello era il segnale. Quando Vautrot dopo essersi assentato ritorna al tavolo, ci dice: ‘Ha chiamato l’amico Paolo e mi ha detto di salutarvi’. Allora io mi alzo, chiamo papà e gli dico: ‘Messaggio arrivato”’. Riccardo Viola non esita ad ammettere che la consegna del denaro ci fu.

”Tutto questo – spiega – è stato fatto perché di fronte a una partita del genere, e vista l’importanza dell’evento, dire di no non è facile. Tirarsi indietro poteva avere gravi ripercussioni”. Alla domanda su chi fosse il misterioso Paolo amico di Vautrot e garante occulto dell’operazione, il figlio di Viola risponde cosi’: ”chi fosse l’amico Paolo non l’abbiamo mai saputo. Papà domandava a tutti e in quel periodo c’erano solo due possibili Paolo, Casarin e Bergamo. Lui parlò con entrambi, ma finì che entrambi si accusarono a vicenda”.