Samp, Gasparin spiega il suo addio: “Mi dicevano che ero come Marotta”

Pubblicato il 22 Dicembre 2010 - 20:49 OLTRE 6 MESI FA

E’ durato appena sette mesi il matrimonio tra la Sampdoria e Sergio Gasparin: che non fosse facile sostituire Marotta e far fronte alla conseguente rivoluzione estiva seguita alla partenza del manager varesino, lo si sapeva, ma nessuno avrebbe immaginato che potesse finire in questo modo. A spiegare i perché del suo addio è lo stesso Gasparin in una conferenza stampa fiume: ”I contrasti o comunque le diversità di vedute sono nate sostanzialmente su quello che era il modo di relazionarsi o condurre. Mi hanno detto che volevo gestire la società come Marotta. Ho risposto: considero Marotta un ottimo professionista e un eccellente manager, quindi se la visione di entrambi era la stessa, credo che l’indirizzo complessivo su come debba essere gestita un’azienda calcistica sia questo”.

Una separazione consensuale, legata a diversità di vedute su come gestire la Sampdoria. ”La mia visione è legata a quello che stava scritto nel contratto firmato: cioé di essere il dirigente responsabile unico di questa società. Non è una situazione particolare o abnorme, è quello che accade in tutte le società dove c’è un dg che ha la responsabilità complessiva della struttura aziendale”.

E’ venuta quindi a mancare quell’autonomia che invece appariva ben chiara sul contratto. ”Io avevo ed ho le idee molto chiare su come si deve muovere una società della dimensione e della struttura della Sampdoria. Credo che per esperienza le linee guida su come muoversi avrei dovuto indicarle io, naturalmente solo dal punto di vista operativo e non da quello strategico e finanziario che spetta di diritto alla società. Ho ritenuto che gli indici di autonomia fossero inferiori a quello che dovevano essere”.

Una separazione nata da diversi modi di intendere il ruolo, come lo stesso Gasparin spiega con una precisa metafora: ”Mi sento un dg comandante che agisce sul fronte con i propri soldati e capitani coraggiosi. C’è un altro tipo di comandante, quello che vive di relazioni politiche, sta nei palazzi, e preferisce di più gestire la parte burocratica. Io sono uno di quelli che ama vivere col suo esercito, questo è il mio approccio in mezzo alle cose, alla gente”.

Di certo non è stato il caso Cassano a incidere sulla separazione. ”Il mio abbandono non c’entra nulla col caso Cassano. Possibile mediazione? La risposta è che quando questo tipo di tensione avviene con la proprietà ed il Presidente, colpisce al cuore, non è possibile. Se fosse avvenuto con me (anche se a me non ha mai mancato di rispetto) o con un suo compagno, allora si, in quel caso si sarebbe potuto mediare”.

Concludendo Gasparin ha aggiunto: ”Ero arrivato a Genova per un progetto a lunga scadenza – ha concluso poi Gasparin – e per un progetto che consideravo essere molto importante. Mi dispiace lasciare qui, ma quando la si pensa in maniera diversa è giusto per il bene della Sampdoria che finisca così”.