Giulio Cavalli, l’attore sotto scorta che ha denunciato la mafia al Nord

Pubblicato il 19 Novembre 2010 - 16:23 OLTRE 6 MESI FA

Ben prima di Roberto Saviano, qualcun altro ha denunciato la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia, e per questo sta pagando. E’ Giulio Cavalli, 33 anni, attore, regista teatrale, ma anche consigliere regionale per l’Italia dei Valori, sotto scorta dal 2008, “arlecchino scassaminchia”, come si definisce lui.

“In questo Paese che normale non è, le mafie minacciano anche gli attori”, racconta a Marco Mathieu in un lungo articolo sul settimanale “D” di Repubblica.

E per lui l’inferno è iniziato due anni e mezzo fa: le minacce, le pallottole, infrazioni a casa e a teatro gli garantirono l’ingresso nel sistema di protezione: dalla tutela “dinamica” alla scorta di “secondo livello”. “Due uomini armati sempre con me…”

Perché Giulio non è semplicemente un attore. La sua è recitazione e scrittura civile. Tutto iniziò proprio con una sceneggiatura portata a Paolo Rossi. “Era perfetto per lui, mi chiese di leggerglielo sul palco, e alla fine disse: “va benissimo così, hai il tuo spettacolo, semmai ti faccio la regia””. Kabum!: come ridere e riflettere sulla Resistenza.

A 27 anni, al Piccolo di Milano, Giulio scopre il teatro in funzione giornalistica. In tour per l’Italia, in Sicilia conosce il magistrato palermitano Antonio Ingroia e il sindaco di Gela Rosario Crocetta. “Ma soprattutto studio la lezione di Peppino Impastato: tutti lo celebrano ma nessuno ne segue l’esempio. Nel senso di Radio Aut. E così feci Radio Mafiopoli”.

E iniziano gli avvertimenti mafiosi di ‘ndrangheta e Cosa Nostra in Lombardia, a Lodi. Partono le indagini, ma anche i tentativi di delegittimazione. “Quella delle critiche sommesse è una cosa molto lombarda, come i commenti: “la mafia? Qui no, non c’è, magari nel paese vicino sì, in quell’altra città, azienda, via, situazione, ma no, non nella mia…”. Come vivessimo in una specie di federalismo condominiale”.

Viene istituita la scorta. Lui scende in politica: “Avevo già fatto campagna elettorale per Crocetta, a Gela. L’idea di candidarmi venne a Luigi De Magistriis, ma c’erano richieste anche da destra, e dal Pd. E i leghisti mi rispettano”.

“L’anno scorso è stato quello più duro, ché ho preso coscienza della gravità della mia situazione. Continuo a chiedermi se mi riconosco in quel che faccio. E la risposta è sì. Ma anche: ho accettato di scendere a compromessi? No. E questo mi basta, funziona, regola il mio modo di essere e fare, lavorare”.

“A un certo punto stavo diventando la vittima, mi sentivo intimidito, e la politica è diventata un mezzo per reagire. Finisci per parlare di più e meglio con chi vive la tua stessa condizione, giusto per sentirti meno anormale”.

“Credo che Roberto (Saviano, ndr) abbia vissuto spigoli simili ai miei… Ma poi penso a giornalisti come Lirio Abbate, gente che continua a fare il proprio lavoro nonostante sia sotto scorta. Come vorrei fare io”.