MILANO – Era molto che non se ne vedevano di sollevazioni politiche così bipartisan. E questa volta in ballo non ci sono poltrone da mantenere o vitalizi milionari da salvare; a scatenare la rivolta è Sant’Ambrogio, patrono di Milano. Motivo del contendere, la manovra del governo appena approvata che accorpa le feste patronali e che farebbe saltare l’amatissimo 7 dicembre. Ma i milanesi, di destra e sinistra, laici e cattolici, non ci stanno e hanno tutte le intenzioni di difendere a spada tratta il loro santo preferito.
Sant’Ambrogio non si tocca. E’ lo slogan echeggiato per giorni da Internet alle sale dei bottoni meneghine, in una sola voce contro quel passaggio della manovra finanziaria, il cosiddetto «taglia-feste», che di fatto dal 2012 accorperà le feste patronali alle successive domeniche. Lo stesso sindaco Giuliano Pisapia aveva fatto sapere che no, la festa non si deve toccare e che qualsiasi iniziativa politica per mantenere la festività nel suo giorno tradizionale sarà la benvenuta. Nel frattempo infatti il Consiglio comunale aveva preparato una mozione condivisa anche dall’opposizione per salvare la festa patronale della città.
Detto fatto, il Consiglio ha approvato all’unanimità – con il voto favorevole di tutti e 31 i consiglieri presenti – la mozione per preservare la festività patronale dalle sforbiciate a ponti e feste. L’assemblea di Palazzo Marino ha in sostanza formalizzato la richiesta a Roma, con un ragionamento semplice: se non si tocca la festa di Roma dei santi Pietro e Paolo, anche quella milanese deve rimanere nel suo giorno. Sant’Ambrogio è salvo, ha assicurato, per il momento, il sindaco Pisapia, all’indomani del voto a Palazzo Marino.
Il capogruppo del Pdl Carlo Masseroli ha puntualizzato però che «la volontà emersa alla riunione dei capigruppo è quella di non entrare nel merito della manovra nazionale, ma di sottolineare l’unicità del caso Milano». Intanto la pagina Facebook “Giù le mani da Sant’Ambrogio”, aperta dal leghista Matteo Salvini, si è aggiudicata oltre 1800 like in pochi giorni. «Abbiamo tre mesi per salvare la nostra festa. Non mi interessa il colore politico di un governo. Può essere di centrodestra o centrosinistra, cattolico o ateo, ma le sorti di un Paese non passano attraverso Sant’Ambrogio. Lo dico da leghista, ma prima ancora da milanese», ha scritto come primo post il capogruppo in Comune del Carroccio.
Da un lato all’altro dello schieramento, anche il vicepresidente del consiglio comunale, Andrea Fanzago del Pd ha tagliato corto: «Non si salva il Paese azzerando le tradizioni. La festa di Sant’Ambrogio ha un significato profondo per la città e non vedo come si possa rinunciare agli appuntamenti che coinvolgono tutti i milanesi». Eh sì, perché il 7 dicembre per i milanesi non è solo una festa religiosa, ma significa anche la consegna degli Ambrogini d’Oro e la prima della Scala e, più popolarmente, gli Oh bej! Oh bej!, il mercatino tipico del Natale cittadino. Tanto che anche la Camera di commercio di Milano si è schierata a favore della festa: «Sant’Ambrogio è una ricorrenza religiosa, delle famiglie», ha detto il presidente Carlo Sangalli, «ma è anche un’occasione per rilanciare i consumi: con un indotto di 36 milioni per gli acquisti di regali e addobbi».
Il 7 dicembre dunque per quest’anno dovrebbe essere salvo; il Don Giovanni è già in cartellone e i milanesi si preparano ad ascoltare il tradizionale discorso alla città dell’arcivescovo, il primo del cardinale Angelo Scola