Shakespeare. Svelato il vero volto. Ma è lui il vero autore?

Pubblicato il 10 Marzo 2009 - 09:21| Aggiornato il 22 Aprile 2014 OLTRE 6 MESI FA

É stato rivelato il vero volto dello scrittore William Shakespeare, a distanza di quasi quattro secoli dalla morte. Tutto grazie ad un quadro, l’unico ritratto conosciuto dello scrittore.

L’opera risale al 1610 ed è stata autenticata dal più grande esperto del poeta elisabettiano, Stanley Wells, dopo una lunga analisi.

L’immagine è quella di un uomo di mezza età, molto stempiato, con una barbetta rossiccia. Al momento del ritratto Shakespeare aveva 46 anni, sarebbe morto 5 anni più tardi.

Ma il vero problema è: si tratta del vero vero autore? Da secoli, con un’accelerazione nell’ultimo, ha preso forza la tesi che Sakespeare fossero un nome e un’identità imprestati a qualche personaggio di alto livello che non voleva esporsi.

Sostenitori illustri: da Oscar Wilde a Orson Welles.

Erano tempi in cui la vita umana valeva poco. Elisabetta , spalleggiata da ministri duri, spietati e fanatici (con molte ragioni dalla loro) in materia di religione, non guardava tanto per il sottile, quando la ragion di stato era in gioco, anche a spese della sua stessa famiglia (la cugina Maria). Il boia lavorava a tempo pieno.

Tragedie e commedie del bardo contengono pesanti riferimenti alla politica contemporanea. Elisabetta non l’avrebbe perdonata a un pari del regno. Gli attori godevano di una certa extraterritorialità e la sovrana li guardava con indulgenza.

Un nobile del livello del duca di Oxford, ad esempio, poteva benissimo essere lui il vero autore. Fanno notare i sostenitori di questa tesi che le opere di Shakespeare rivelano non solo una grande cultura, che ha come presupposto l’accesso a un gran numero di libri, che Shakespeare non aveva avuto; ma dimostrano anche quanto l’autore, viaggiando, fosse a conoscenza diretta di usi e costumi dei paesi in cui parte delle opere è ambientata. Per descrivere con tanta precisione la vita degli ebrei nel ghetto di Venezia, bisognava esserci stati. L’ossessione di ambientare commedie e tragedie in Italia, nel nord est, come a Verona, rivela una conoscenza diretta.